They came from far
Assistenti studenti
Date: Wed, 23 Oct 1996 00:38:52 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX - Legislazione Universitaria
[contratti part-time per studenti]
Nell'area informatica gli studenti hanno
spesso un'esperienza e passione incredibili.
Che qui, almeno all'universita' di Ferrara,
non si riesce a farli lavorare, non danneggia
solo questi studenti, ma anche gli istituti
stessi. Questi ragazzi per esempio conoscono
tutte le novita', i prezzi, quando il disco
fisso e' guasto o troppo piccolo sostituiscono
il disco fisso (costo 350.000 Lire) invece
di sostituire, come fanno i professori, il
computer (costo 3.500.000 Lire), sono in
grado di fare la manutenzione di sistema ecc.
Importante e' anche qui scegliere i migliori.
Comunque trovo abbastanza vergognoso che
l'universita' di Ferrara non abbia abbastanza
fantasia per evitare che i ragazzi devono
andare nello zuccherificio invece di aiutarci
nei laboratori.
Se uno studente lavora nell'informatica per
2-3 anni e ogni anno scrive un piccolo
rapporto che documenta l'attivita' svolta e
l'esperienza acquisita, quando e' laureato
puo' far vedere 2-3 rapporti che qualcosa
possono valere. E gli istituti hanno solo
da guadagnare.
Come scegliere i professori universitari
Date: Mon, 23 Sep 1996 12:56:20 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
[le ricerche innovative vengono punite]
Sono d'accordo con questa obiezione. Oltre
a questo un professore ordinario dovrebbe
(tornare a) svolgere funzioni direttive, e
credo che nessuna impresa si sognerebbe di
assumere i propri dirigenti con questi
calcoli. Creano in fondo solo degli
specialisti che si preoccupano soltanto di
guadagnare punteggi (come purtroppo avviene
anche nelle carriere degli insegnanti).
[finanziamenti]
Off topic osservo qui che sono d'accordissimo
che un ricercatore debba preoccuparsi di
ottenere finanziamenti, solo che in
America con cio' si intende soprattutto
ottenere finanziamenti al di fuori
dell'universita', che e' piu' divertente.
[industria]
Da Ferrara non riesco a valutarlo bene,
ma io ho l'impressione che anche nei casi
di accordi tra universita' e imprese o
enti si tratti solo di iniziative politiche.
Cioe' mi sembra che l'impresa o l'ente che
stipula un tale contratto, non abbia in
mente qualche scopo scientifico o invenzione,
che spera che l'universita' gli procuri, ma
lo si fa solo per questioni di prestigio,
per poterne parlare ecc. Non so se ci sono
controesempi.
Sicuro e' che nell'universita' italiana le
invenzioni sono poco richieste.
I classici
Date: Mon, 28 Oct 1996 21:55:00 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX - Legislazione Universitaria
[valore dei classici]
I classici sono sempre stati ritenuti utili
quando era uso che uno li interiorizzava.
Allo spettatore i classici non danno niente.
Quando ancora uno li imparava a memoria,
entravano nella sua mente e ne facevano
parte, e potevano essere uno strumento per
arricchirsi non solo esteticamente, ma anche
per risolvere problemi della vita quotidiana.
[computer e insegnamento]
Dalle 9 del mattino fino alle 2 di notte,
mentre sto a casa, ho il computer acceso alla
mia sinistra, e quando vado in istituto mi
aspettano altri computer. Non c'e' niente
che mi piace di piu' che imparare nuovi
linguaggi di programmazione (quest'anno in
lezione faccio il Perl che e' una cosa
fantastica, tra l'altro viene usato anche dai
linguisti). Nonostante cio' credo che per
molte cose che faccio l'istruzione classica
abbia ancora un effetto fortissimo. E molte
cose che oggi si fanno al computer servono
solo a nutrire i produttori di computer e
di software.
La favola della gaussiana
Date: Mon, 28 Oct 1996 21:42:26 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
Talvolta qualcuno afferma che per scoprire
se un professore da' i voti giusti, basta
confrontare i suoi voti con la distribuzione
gaussiana.
Secondo me non e' cosi'. Prendiamo le reclute
all'inizio dell'addestramento. Probabilmente
se si valutano le loro capacita' di sparare,
si otterra' una gaussiana. Infatti le reclute
vengono scelte secondo criteri che hanno poco
da fare con quello che sanno gia', e in
statistica si impara perche' allora ci si puo'
aspettare una gaussiana.
Ma alla fine dell'anno si spera che le diffe-
renze siano diminuite e che l'addestramento
abbia avuto effetto. Quindi l'allenatore che
a quel punto ha ancora una distribuzione
gaussiana ha poco motivo di esserne orgoglioso.
Stress in Italy
Date: Wed, 30 Oct 1996 01:37:32 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX - Legislazione Universitaria
[quali percentuali di stress negli atenei?]
Qualcuno sostiene che l'universita' italiana
consiste soltanto di stress. Quindi al 100%.
Forse tutti sarebbero anche d'accordo che non
si tratta quasi mai di uno stress serio.
Spesso si litiga per cavilli, e lo stress
maggiore sono proprio i litigi. Come d'uso in
Italia molte cose poi non vengono portate agli
estremi e quindi e' sempre possibile un
aggiustamento.
In ogni caso l'universita' italiana non ha
piu' una chiara missione. Manca l'orgoglio per
la propria istituzione. Manca il contatto con
gli studenti che spesso vengono considerati
esseri inferiori. Uno e' stupido perche' ha
20 anni. I docenti sono suddivisi in rigidi
gruppi disciplinari su cui si basano i concorsi.
Questi gruppi disciplinari sono in pratica
l'unico tipo di legame. E' considerato normale
che un docente tiene per 20-30 anni ogni anno
lo stesso corso.
Quindi nonostante la maggior parte dei docenti,
anche i piu' giovani, abbiano una posizione a
vita, mancano molte gratificazioni. Non e'
gratificante che la propria universita' sia
forte, non e' gratificante che i propri
studenti siano bravi, non e' - spesso -
interessante avere un bel laboratorio.
Alcune universita' (ad esempio la mia) non
hanno una biblioteca universitaria.
Quelli che stanno in tutte le commissioni non
hanno tempo per leggere. Devono parlare.
Quindi non sentono il bisogno di una biblioteca.
Questo insieme alla rigidita' dei gruppi fa in
modo che e' difficilissima ogni ricerca di tipo
interdisciplinare. Per campi nuovi o ai bordi
dei campi tradizionali mancano libri, riviste,
attrezzature.
Se per i piu' anziani la sorgente di stress
maggiore sono i litigi, per i piu' giovani e'
la macchinosita' e imprevedibilita' dei concorsi,
che avvengono a intervalli lunghissimi su base
nazionale. Negli intervalli spesso per anni non
si parla di altro.
Quindi, come detto, forse lo stress maggiore
deriva dal fatto che l'universita' italiana non
ha una missione. Ad esempio quella che un
docente ritiene di avere il compito di fare in
modo che gli studenti a cui insegna imparino un
mestiere, che da solo puo' essere gratificante.
O anche che vorrebbe che ogni tanto anche nella
sua universita' si faccia qualche invenzione.
Sentiamo qualche altro stress-analyst.
Studenti sfruttati
Date: Wed, 23 Oct 1996 12:36:18 +0000
From: Josef Eschgfaeller
To: Multiple recipients of list UNILEX
[gli assistenti studenti vengono sfruttati]
No, credo che siamo stati fraintesi. Il punto
era proprio che invece di impiegarli solo
nell'ambito delle 150 ore, li si dovrebbe
considerare come qualsiasi altro tipo di
esperto e quindi offrirgli possibilita' di
lavoro o contratti di consulenza indipenden-
temente dal fatto che siano studenti o no.
Io penso che e' meglio che uno studente si
guadagni i soldi con qualcosa che fa volen-
tieri e che gli permette di acquisire o
allargare le proprie esperienze professionali
piuttosto che andare a lavorare in zuccheri-
ficio o in pizzeria.
E' garantito che anche gli studenti non si
sentirebbero sfruttati. Il mio problema e'
proprio che ho troppi assistenti volontari
che con la loro passione lavorano gratis per
noi, ci fanno risparmiare soldi e ci aiutano,
e non riusciamo a pagarli per cavilli
burocratici che non esistono in altri paesi.
Secondo me vengono sfruttati allo stato
attuale.
Tesi di laurea
Date: Mon, 28 Oct 1996 21:32:42 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX - Legislazione Universitaria
[...]
Anche se alcuni temi specifici forse escono
dal tema principale di questa lista, penso
che possa essere utile una discussione della
didattica anche in questo ambiente. Essendo
matematico/informatico, a alcune domande da
lei poste non posso rispondere. Ma alcune
questioni sono di carattere generale e ci
coinvolgono tutti.
[voto di laurea]
Qui appunto non posso dare una risposta. Ma
la sua domanda mi fa venire in mente che,
almeno nel mio corso di laurea e probabilmente
in tutta la mia facolta', mentre tutti gli altri
esami hanno delle regole, non sembra possibile
introdurre criteri di valutazione per l'esame
di laurea. Quindi ogni corso di laurea ha i suoi
margini per gli aumenti che vengono aggiunti
alla media su 110, spesso ogni gruppo di
professori ha poi una valutazione sua. Puo'
capitare che lo studente A viene giudicato
molto bravo da tutti, quindi gli si danno 7
punti di aumento. Un'ora dopo e' il turno
di B, tutti, anche il relatore, sono d'accordo
che questo studente e' medio, e anche a lui si
danno 7 punti.
Poi c'e' il relatore che da' il voto a se
stesso e chiede 10 punti. Un modo che vorrei
proporre fra poco (senza molta probabilita'
di successo) nel CCL e' questo:
(1) Le due tesine vengono esaminate dai due
relatori e un terzo commissario come in un
esame normale, al di fuori dell'esame di
laurea. Le due tesine insieme valgono come
un esame in piu' con un voto da 18 a 30,
come negli esami normali.
(2) Gli uffici o il presidente del CCL, quando
gli perviene il risultato dell'esame sulle
tesine, calcolano la media su 110. Poi
questa media viene arrotondata, in modo che
all'esame di laurea lo studente si presenta
con una media intera.
(3) L'esame di laurea verte soltanto sulla tesi,
tenendo conto sia dell'elaborato scritto,
che dell'esposizione e naturalmente del
giudizio complessivo del relatore. La tesi
viene valutata separatamente, con un voto
netto e intero, di cui sono noti gli equi-
valenti verbali (non so se un linguista
accetterebbe "equivalenti semantici" qui):
9 eccellente
8 ottima
7 buona
6 media
5 sufficiente
4 scarsa
lasciando alla commissione la facolta' di
respingere il candidato in casi eccezionali.
Il voto della tesi viene aggiunto alla media,
e costituisce il voto di laurea, tranne
quando vengono superati i 110 punti. In tal
caso 111 diventano 110, 112 e piu' diventano
110 e lode.
Molti studenti sono in ansia e preoccupati per
l'esame di laurea, hanno lavorato molto, e poi
sono mortificati da un trattamento sommario e
indifferente. Che poi ci sono commissioni che
volgono le spalle al candidato o si divertano a
deriderlo, fa piu' parte della maleducazione,
ma ha effetti non indifferenti sulla qualita'
di un corso di laurea.
[valore della didattica]
Credo anch'io. La didattica va fatta per la
classe, e lo scopo dell'insegnamento e' di
fornire strumenti agli allievi con un
allenamento che li fa lavorare e con un
insegnamento teorico dove entrano le cose
che il professore stesso ha imparato (magari
in molti anni di carriera, ma non solo quelle
che ha imparato 20 anni fa).
E' sicuro che il miglior insegnante e' quello
che studia e legge di piu'. La didattica teorica
invece ha poco senso. Molto piu' importante
e' essere interattivo e aver proprio voglia a
portare gli studenti al miglior rendimento
possibile.
Chiudo e racconto quello che penso della favola
della gaussiana nella prossima mail.
Riforma univesitaria
Date: Tue, 25 Nov 1997 23:21:06 +0000 (GMT)
From: Josef Eschgfaeller
To: Bacheca del Dipartimento Matematico
[Su un articolo di Alessandro Figà-Talamanca
(Repubblica 25 Novembre 1997)]
Eppure
"garantire che le scelte di merito scientifico
rimangano saldamente nelle mani delle comunita'
scientifiche nazionali"
e' terribile. Non e' solo una tremenda
(probabilmente giustificata) dichiarazione di
diffidenza verso le sedi locali - e' anche un
principio che non tiene conto del fatto che
la diversita' e' un importante fattore di
qualita' nelle iniziative di ricerca di un
paese.
[Articolo]
Cosa fare - non lo so. L'universita' e' un
po' in crisi in tutti i paesi, si sbriciolano
vecchie sicurezze, i livelli si molteplicano,
da un lato alcuni gestiscono vecchi privilegi
e continuano a insegnare cose obsolete, dall'
altro c'e' un'invasione di cose effimere,
oppure meccanismi di valutazione che talvolta
fanno bene e spesso fanno solo perdere
un'infinita' di tempo e spezzano ogni ricerca
coerente.
In Italia pero' si aggiunge una convinzione
che confonde moltissimo le cose. E' la
convinzione che un posto, facciamo una
cattedra, sia un premio, non un compito.
Quindi uno va in cattedra per le belle cose
che ha fatto, nessuno si preoccupa di cio'
che dovra' fare.
Concretamente intendo che non ha molto senso
cercare affannosamente il concorso perfetto e
giusto per i meritevoli. Il problema si risol-
vera' solo quando ogni posto all'universita'
viene definito e finalizzato, attrezzato
adeguatamente, e poi si cerca la persona che
lo sa fare meglio. Ci sono troppe persone
passive nell'universita' italiana, a tutti i
livelli. Ma il sistema non educa alla
responsabilita'. Per conto mio preferisco che
ci siano 3-4 universita' corrotte, se nelle
altre si puo' respirare e creare qualcosa,
invece di vedere tutti quanti sempre
preoccupati per questi concorsi, in un sistema
dove lavorare per la propria universita' o con
i propri studenti e' considerato ridicolo.
Molte attivita' sono come un iceberg, dove
c'e' solo la punta e manca la base. Cioe' le
universita' italiane non hanno vita interna.
Quando si vede quello che fanno altrove, c'e'
da rabbrividire. Non solo per invidia, perche'
uno scienziato non vorrebbe stare nell'ultima
parte del mondo, ma anche perche' tutto questo
fra pochi anni lo dovremo pagare.
Gia' adesso molte tecnologie vengono importate,
che si potrebbero benissimo fare in casa. Di
informatica si parla piu' alla radio di Rai 1
che all'universita'. L'ottimizzazione
matematica negli ultimi 20 anni ha fatto tali
progressi che, mentre allora mi divertivo a
fare un po' di programmazione lineare, oggi
posso solo stare a bocca aperto davanti a
quello che fanno, con gruppi di 20-50 persone
in molte universita' tedesche ad esempio.
Ma ci sono molte altre cose che si potrebbero
fare, ci sono anche cose nuove dove la
concorrenza non e' ancora grandissima.
Gli studenti di matematica diventano sempre
meno. Bisogna cambiare i piani di studio.
E educarli a ragionare con la propria testa.
Forse meno corsi negli ultimi due anni,
concentrarsi invece sulla tesi e sullo studio
autonomo. Nel primo biennio tutta la
matematica di base, per poi potersi
specializzare nel secondo.
Gli studenti devono:
(1) Sapere a cosa serve quello che studiano.
(2) Poter essere orgogliosi di studiare
matematica.
Corso di laurea in matematica
Date: Thu, 3 Jun 1999 11:03:58 +0200 (CEST)
From: Josef Eschgfaeller
To: Bacheca del Dipartimento Matematico
Sono alcune considerazioni non polemiche, ma piuttosto di emergenza
sul riordinamento del corso di laurea in matematica. Anche se il 3+2
non passa nella forma prevista finora, probabilmente una liberalizzazione
per la possibilita' di cambiamenti ci sara' e il nostro corso di laurea
dovrebbe essere preparato. Preparato significa avere delle idee e degli
obiettivi. Piu' chiari sono questi obiettivi e queste idee, piu'
facile sara' realizzarli in un qualsiasi contesto formale (ad es. 4+2).
In un certo senso sono in competizione tre filosofie:
(1) Lasciare tutto cosi' com'e', con ogni gruppo di discipline
che salvaguardia con i denti i propri interessi, a dividersi
un numero di studenti sempre piu' piccolo fino a quando non
ci sara' piu' niente da dividere.
(2) Abbandonare la nave che affonda, con i matematici che vanno
a insegnare corsi di servizio negli altri corsi di laurea.
(3) Fare in modo da avere di nuovo 50 iscritti al primo anno di
matematica, rivoluzionando i piani di studi, accettando che
dal terz'anno in su gli studenti possano imboccare strade
non tradizionali (informatica, matematica finanziaria, ...).
Naturalmente sono per la terza filosofia. E' molto piu' divertente
avere 50 studenti nei corsi del primo biennio, e se poi nei
corsi di matematica pura degli anni successivi ci saranno solo 20
su 50, e' sempre meglio avere 20/50 piuttosto che 5/5.
Negli ultimi anni abbiamo assistito senza reagire a un calo di studenti
fortissimo che ormai rende difficile anche i cambiamenti. Ad esempio
abbiamo cosi' pochi studenti che il rimedio di introdurre corsi
interessanti rende la vita ancor piu' difficile ai docenti degli
altri corsi che rischiano di perdere i pochi studenti che hanno.
Quindi bisogna intervenire alla base e aumentare il numero critico
degli iscritti al prim'anno.
I punti su cui intervenire sono, a mio avviso:
(1) Rifare i piani di studio.
(2) Creare un ambiente di studio attraente per gli studenti, spendendo
di piu' per i laboratori. Non e' un invito a rovinare il laboratorio
che ho creato io. Piuttosto si dovrebbero crearne degli altri.
L'aula didattica ad esempio (penso che purtroppo ormai non ci
sia piu' niente da fare perche' i cambiamenti sarebbero molto
costosi) poteva essere usata per creare 4 o piu' bei laboratori
di informatica. Per le lezioni non servono i computer. Ma e' un
discorso che si doveva fare qualche anno fa.
In sede centrale bisogna intervenire per fare in modo che cambino
certe priorita'. Piu' contributi didattici (anche per libri sia
per gli studenti che per i docenti, i quali per preparare le
lezioni hanno bisogno anch'essi di supporto) e meno spese per
cosiddette grandi attrezzature (un microscopio elettronico
sara' sempre costoso, ma l'utilita' di un computer dipende molto
di piu' dall'abilita' dell'utente che dalla cifra che si spende).
Per quanto riguarda i piani di studio, l'idea che avrei e' circa questa:
(1) Un biennio soprattutto di matematica. Solida preparazione, pochi
giochetti. Prospettare dall'inizio agli studenti un profilo
professionale che si colloca attorno al compito classico del
matematico nello sviluppo e nella verifica di modelli. Il matematico
come colui che sa quando un ragionamento e' vero e quando e' falso.
(2) Gli anni successivi per la specializzazione. Una volta scelto un
campo, uno si butta su questo. Chi vuole fare fisica matematica,
segue 3 o anche 4 corsi su 4 all'anno di fisica matematica, idem
per informatica, geometria algebrica, analisi, probabilita' e
statistica ecc.
Non penserei in tutto questo a tanti nuovi docenti. Alcuni dei piu'
giovani possono fare parecchi corsi applicativi. Si possono anche
mutuare insegnamenti da altri corsi di laurea e non e' necessario
che ogni anno venga offerto tutto. Piu' organizzazione (libri/laboratori)
e meno gelosia.
La rivoluzione dei piani di studi dovrebbe essere anche ottica.
Pensando agli studenti che si iscriveranno l'anno accademico che viene,
possiamo includere e pubblicizzare gia' adesso i corsi che faremo
quando loro saranno al terz'anno.
Springer
La casa editrice Springer, a sua volta proprieta' della Bertelsmann,
ha venduto la Lange & Springer (agenzia per riviste e libri) alla
EBSCO. Per il momento cambia solo la proprieta' e rimangono gli uffici.
In questo modo Bertelsmann e Springer si possono concentrare sulla
produzione dell'informazione e si tolgono dalla lotta tra le agenzie,
che allo stesso tempo sono loro clienti.
Tra l'altro con EBSCO Online la EBSCO vuole offrire l'accesso
via Internet a molte riviste. Bisognerebbe indagare. Ovviamente
non sara' gratis.
Secondo queste informazioni tra le grandi agenzie di distribuzione
rimangono solo Swets e EBSCO. Qualche anno fa il concetto dei
global players era poco piu' di uno slogan, ma sta diventando uno
status symbol e un'idea fissa dei grandi managers, e forse anche
un'esigenza reale. In verita' non e' una cosa nuova (vedi coca cola,
detersivi o sigarette), ma riguarda adesso anche il mondo
dell'informazione, in cui gli scienziati sono inseriti o si
fanno inserire.
Cioe' gli scienziati dovrebbero distinguere tra attivita' che servono alla
scienza e quelle che nutrono solo le case editrici e i distributori.
Nella politica concreta della nostra biblioteca si potrebbe rinunciare a
qualche rivista e curare di piu' i libri di testo, perche' questi servono
sempre. Potremmo dire che ogni anno spendiamo assiomaticamente 40 milioni
per libri, indipendentemente da quello che succede con le riviste.
Ai nostri nonni e padri hanno rovinato la gioventu' facendoli fare
guerre mondiali (mio padre si e' fatto anche quella dell'Etiopia come
antipasto) e nessuno si occupava di quello che pensavano o desideravano.
Oggi invece i grandi pensano solo a noi. Quindi nonostante tutto il
mondo e' migliorato.
(8 giugno 1998)
Meriti e prestazioni
Date: Wed, 10 Nov 1999 14:25:01 +0100 (CET)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
[...] wrote:
> La valutazione di tutti per riassegnare ruoli, attribuzioni e stipendio
> ... la puo' fare benissimo ogni dipartimento con una apposita commissione,
> che stili una graduatoria sulla base di un trasparente utilizzo di
> parametri oggettivi.
Ci sono state guerre sanguinose per molto meno (supplenze ecc.).
Un aspetto terribilmente antipatico in tutti questi discorsi di
valutazione e' che se vengono veramente applicate queste idee,
non riesco piu' a lavorare gratis. Cioe' qualsiasi cosa che faccio,
qualcuno sospettera' che lo faccio per i soldi. Se tengo un corso
(ufficiale o non ufficiale) in piu', qualcuno dira' che lo faccio
per la valutazione e non per il piacere di insegnare qualcosa agli
studenti. Se curo delle pagine web, mi vorranno pagare dei soldi
oppure me lo impediranno, perche' ci vuole guadagnare qualcun'altro.
E avranno la meglio quelli che non muovono un dito se non li paghi.
Ogni parola che dico influisce sul mio stipendio? E se le cose piu'
importanti ad esempio le dico in lezione, quando nessuno dei
valutatori ascolta?
E se qualcuno aspira a compiti amministrativi, piccoli o grandi,
verra' premiato, e quindi ci aspira di piu'?
Io sono dell'opinione che uno deve essere assunto in una certa posizione
e per certi compiti. La burocrazia dei "meriti" e delle prestazioni
porta a perversioni. Saremo occupati a compilare lunghe liste di
cose che abbiamo fatto, come i medici in certi paesi. Non vedo vantaggi
ne' dal punto di vista delle spese ne' da quello della morale.
***
[...] wrote:
> Se siamo d'accordo sul fatto che non esistano "tipi" diversi di
> didattica o di ricerca, per cui TUTTI i professori universitari
> svolgono lo stesso tipo di attivita' istituzionale
Non siamo tutti d'accordo. Se uno guida un gruppo di 30 persone,
non svolge lo stesso lavoro dei suoi collaboratori. E chi e'
responsabile di un corso non fa la stessa didattica del venticinquenne
che fa (dovrebbe) fare il tutore/esercitatore.
Se il venticinquenne poi dimostra che dara' dei contributi preziosi
all'universita', diventa professore associato o ordinario, anche subito.
Il che non e' una ragione per promuovere tutti gli altri venticinquenni.
Tra l'altro uno non dovrebbe diventare professore per quello che ha
fatto, ma per quello che fara'. Con questo principio in altri paesi
si fa carriera molto prima.
Sono cosi' fortemente in disaccordo, perche' l'assioma che qui viene
cosi' spesso ripetuto appiattisce e rovina la nostra professione.
Marionette
Date: Fri, 2 Jul 1999 19:51:51 +0200 (CEST)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
[...] wrote:
> Non vedo nulla di tragico se un docente di fascia alta, a cui e' pervenuto
> piu' o meno meritatamente con i meccanismi attuali, viene fatto scendere
> (con ridimensionamento di potere accademico e di retribuzione, ovviamente).
Come nel Sumo. Ma non sono poveri cristi?
Comunque l'idea di una fascia di ordinari e sei fasce di professori
vicari a mio avviso crea piu' un burrone tra gli ordinari e gli altri,
piuttosto che diminuire le differenze, se si volesse questo.
A parte i problemi tecnici, sarebbe una manna per tutti quelli che
vorrebbero guidare i professori come marionette.
In tutte queste discussioni mi sembra che si perde sempre di piu' di vista
la figura stessa del professore universitario. E come vedere tre vicini
che passano il tempo a distruggere pian piano un pezzo della casa dell'altro.
Se non stanno attenti, alla fine nessuno dei tre puo' piu' invitare qualcuno.
Progressioni di carriera
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
[...] wrote:
> Una progressione di carriera che:
> Sia articolata in VI classi stipendiali scandite in periodi quinquennali
Questo pero' significa che si fa a meno della diversita' delle mansioni.
Chi guida i gruppi di lavoro?
Penso invece che si debbano distinguere mansioni e classi stipendiali.
Quindi ad esempio 4 gruppi di docenti, di cui una prima di entrata e
non a posto fisso, e classi stipendiali all'interno di questi gruppi,
sarebbe piu' funzionale.
La classe di entrata e' necessaria non solo per garantire il necessario
turnover e non chiudere tutto a quelli che vengono dopo, ma anche perche'
una persona puo' essere un valido collaboratore a quei livelli, ma meno
adatta a fare il professore universitario. Quindi lavora per 2-4-6 anni
all'universita', impara ancora qualcosa ad alto livello (si spera) e poi
va in una professione piu' pratica con una qualifica in piu' e in tempo
per trovare ancora un impiego.
Quando si occupano i posti piu' alti, bisognerebbe tener conto delle
capacita' di guida e di organizzazione. Non ha senso riempire la prima
fascia con gente che ha solo pubblicazioni, spesso sulla scia di
collaborazioni con colleghi esteri, al cui lavoro di base non ha mai
partecipato, e quando occupa un posto di prima fascia non e' in grado
di creare e nemmeno di mantenere un'efficiente struttura e infrastruttura
di didattica, di ricerca, di indirizzamento e di attrezzature.
Carriera universitaria
Date: Sun, 31 Oct 1999 15:16:12 +0100 (CET)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
[...] mi ha mandato privatamente una mail gentile, a cui
vorrei rispondere sulla lista. La netiquette imporrebbe che a messaggi
personali non si risponda in pubblico, d'altra parte forse le
discussioni piu' interessanti si dovrebbero fare in pubblico e non
in privato. La lista Unilex del prof. Sapigni anni fa e' nata come lista
di discussione, ma poi si e' sviluppata forse un po' troppo
verso una pura funzione di comunicati, in cui le questioni che
stanno a fondo dei problemi che le leggi dovrebbero risolvere,
non vengono piu' affrontate.
> confesso di non aver capito il senso del tuo messaggio.
Volevo dire che l'universita' italiana e' complicata e spesso non e'
facile distinguere tra le rivendicazioni giuste e quelle puramente
corporative.
> Colgo l'occasione per dirti di aver sottoposto il problema dei lettori
Forse e' corretto dirti che nonostante il nome non sono un lettore ma
un professore associato di matematica e informatica. Ho studiato a Vienna,
ma poi mi sono fatto ormai 26 anni di carriera (borsista - contrattista -
professore incaricato - associato) in Italia. Quindi molti problemi li
conosco per averli osservati e per averli vissuti.
Ma c'e' una differenza di fondo, credo, tra la mia e la vostra posizione.
L'universita' e' un'istituzione che ha degli scopi precisi (fin a quando
non la distruggono) - portare avanti e insegnare le conoscenze e le
tecnologie collegate. Per fare questo l'universita' ha bisogno di
strutture e strumenti efficienti. Naturalmente la qualita' delle persone
che vi operano e' importante. Quindi non si possono assumere interi
gruppi di persone solo perche' sono politicamente organizzate. E non
bisogna nemmeno solo tener conto dei meriti e delle capacita' di queste
persone, ma delle necessita' che le universita' hanno. Se un'universita'
ha bisogno di un bravo geologo e ci sono quattro bravissimi che si offrono,
ne puo' assumere solo uno.
Cosa fanno gli altri tre? Questa e' una domanda collegata a uno dei
piu' grandi difetti dell'universita' italiana, la quale non crea, come
invece dovrebbe, un ambiente culturale e tecnologico nella propria
regione dove poi riescono a trovare lavoro persone capaci che non possono
o non vogliono intraprendere la carriera universitaria. In momenti critici
l'universita' in questo modo rischia di subire, dovendosi adeguare a
pressioni politiche o economiche, perche' non ha mai voluto assumere
questo ruolo di guida.
Riguardo alla carriera universitaria le mie idee sono diverse dalle vostre.
Da un lato bisogna creare percorsi alternativi, al di fuori dell'universita',
con una certa flessibilita' dei passaggi. Dall'altro le carriere all'interno
dell'universita' devono essere funzionali ai bisogni della ricerca e
dell'insegnamento, e non solo ai bisogni delle carriere personali.
L'universita' ha bisogno anche di gruppi di lavoro in cui operano
collaboratori a tempo determinato. E' importante che a questi vengano
offerte condizioni di lavoro gratificanti sia per quanto riguarda la
posizione sociale che per quanto riguarda il guadagno per altre future
occupazioni che un'attivita' di alcuni anni in un ambiente ad alto livello
(spesso utopia, purtroppo) puo' costituire. Ma cio' non significa che
tutti possono avere subito un posto a vita.
Verso i 30-32 anni una persona dovrebbe invece avere la possibilita' di
poter scegliere tra una carriera universitaria a vita oppure un'attivita'
diversa in cui usufruire di quello che ha imparato all'universita'.
Quando ritengo che siano giuste posizioni temporanee all'inizio della
carriera universitaria, questo non significa che sia d'accordo con le
idee che la confusa legislazione universitaria ha procreato negli ultimi
anni (e in verita' anche in tutti gli anni meno recenti). Quelli che mi
conoscono sanno che sono molto sensibile e ostile verso ogni forma di
ricatto, e vorrei che anche i miei colleghi non si facciano ricattare.
Quanti bravi laureati perdiamo perche' il lavoro all'universita' non
gli dice niente, con percorsi assurdi dove uno non capisce nemmeno per
quale scopo sta lavorando! La cosa piu' importante in ogni riforma
universitaria sarebbe proprio di rendere il nostro lavoro piu' attraente,
piu' normale, piu' efficiente, qualcosa che respinge gli opportunisti
e non il contrario.
Incentivi
Date: Fri, 12 Nov 1999 12:28:07 +0100 (CET)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
On Fri, 12 Nov 1999, [...] wrote:
> Questi comportamenti non codificati, questa diversa moralita' sono, a mio
> parere, indotti semplicemente dai meccanismi di "gratificazione"
> in atto da decenni nel mondo accademico anglosassone
Non e' cosi'. E' un'illusione sperare in incentivazioni burocratiche.
La differenza sta nella mentalita', cioe' nel voler stare all'universita'
tra gente di livello elevato, nel voler risolvere i problemi possibilmente
subito e meglio da soli per poter lavorare in modo piu' efficiente, in uno
spirito naturale di competizione invece che di imitazione.
Anglosassoni
Date: Fri, 12 Nov 1999 13:59:01 +0100 (CET)
From: Josef Eschgfaeller
To: UNILEX
On Fri, 12 Nov 1999, [...] wrote:
[Non e' cosi'. E' un'illusione sperare in incentivazioni burocratiche.
La differenza sta nella mentalita', cioe' nel voler stare all'universita'
tra gente di livello elevato, nel voler risolvere i problemi possibilmente
subito e meglio da soli per poter lavorare in modo piu' efficiente, in uno
spirito naturale di competizione invece che di imitazione.]
> Ne deduco che, secondo ... Josef Eschgfaeller noi italiani abbiamo
> una mentalita' intrinsecamente "diversa" e pronta all'accettazione
> della bassa qualita' accademica, della corruzione, etc.
Deduci male. Questo lo dicono piu' gli italiani. Dicevo invece che
non si risolvono mai i problemi piu' semplici, perche' si vuole sempre
che qualcun'altro li risolva. L'universita' italiana e' anche molto
eterogenea, tra sindacalisti da un lato e professori che non studiano
e in altri paesi verrebbero buttati fuori, non si capisce mai niente.
Anche la riforma prospettata dal ministro (due ruoli unici invece di
uno - per soddisfare tutti :-), tenendo saggiamente fuori i giovani che
di fronte a 6+3 scalini da 4 anni per far carriera dopo un indefinito
tirocinio staranno alla larga dalla carriera accademica) e' una
conseguenza di questa confusione.
Sicuramente non si premiano le nuove idee, le iniziative. Si ostacola
l'efficienza in molti campi.
Mica tutti son cosi'. Tra i giovani ci sono molti che hanno ancora
entusiasmo, lavorano con passione e riescono ad appassionare altri.
Ma ci sono anche spaventosi opportunisti. E le strutture tecniche e
culturali sono tali che manca quell'input che permette di lavorare
per scopi un po' piu' grandi.
Le gratificazioni nei paesi anglosassoni, a cui tu ascrivi il miglior
funzionamente delle loro universita', consistono piu' nel fatto che
e' piu' facile rischiare. Si reagisce diversamente, quando perdere un
lavoro significa solo una pausa creativa e la possibilita' di trovarne
uno migliore. Non so se in Italia esiste piu' corruzione che altrove -
leggendo i giornali non sembrerebbe. I soldi piacciono ovunque.
C'e' invece una fortissima passivita', una rassegnazione anche di
fronte a prepotenze che, almeno in ambito accademico, delle volte
si potrebbero spazzare via con due o tre persone che hanno il coraggio
di protestare. Se vogliamo parlare di differenza tra mentalita'
nazionali, e' sicuro che gli anglosassoni hanno piu' inclinazione al
rischio.
Lettori di lingue
Date: Wed, 17 Nov 1999 13:39:14 -0500 (EST)
From: Josef Eschgfaeller
On Wed, 17 Nov 1999, [...] wrote:
> INVIO NUOVAMENTE NON AVENDO AVUTO RISPOSTA PRIVATA
Ah, scusa, sono diventato un po' spartanico. Dopo 6-7 anni di Internet ...
> questo vuol dire che non posso lavorare da casa ma solo all'universita'.
Penso che si aggiusta facilmente. Se non riesci a impostare il programma
di mail che usi da casa puoi sempre chiedere a [...] di iscriverti
anche come [...].
> mi sono convinto che nella mitica "terza fascia docente" di cui si parla
> nel nostro articolato potrebbe essere morale tentare di inserire anche
> i lettori di lingua madre straniera.
Mi sembra che anche quelli si sentono maltrattati. In verita' sono abituati
che all'universita' non si ha cosi' facilmente un posto a vita, ma si
aspettano giustamente di essere coinvolti di piu' nella programmazione
delle attivita' (ad es. allestimento dei laboratori linguistici) e forse
anche un po' di piu' dal punto di vista umano.
Io invece sono professore associato, anche se proprio quest'anno sto facendo
lezioni di tedesco a una studentessa Erasmus che vuole andare in Austria.
Ho anche la cittadinanza italiana e ho studiato matematica a Vienna (ho
visto che sei di meccanica), pero' faccio piuttosto informatica da molti
anni. Il calo di studenti a matematica qui ci ha colpito parecchio
(10 iscritti al primo anno) e la confusione sul piano didattico e'
ancora peggiore che su quello dello stato giuridico.
> e' per ora un'idea mia, che in ogni caso dovra' essere democraticamente
> vagliata dalla mia Consulta
Come vedi, non sono la persona giusta. In generale direi che il problema
attuale una volta tanto non e' nemmeno "tipicamente italiano" (lo e'
invece sicuramente la situazione in cui ci si e' messi). Ricerca,
invenzioni, anche didattica ad alto livello (per insegnare bene, la
maggior parte del tempo uno la spende studiando, mica in classe),
sono in qualche modo attivita' di confine delle possibilita' umane
(mi concedo questa immodestia solo tecnica), e quindi non
possono essere regolamentate troppo. Le invenzioni non si possono
programmare, e anche la didattica ognuno la deve fare con il sistema
che piu' gli e' congeniale. E' vero che ci sono pessimi insegnanti
che fermano un intero corso di laurea, ma con un sistema di rotazione
degli insegnamenti e con piani di studio meno grotteschi e meno
strumentali anche un cattivo insegnante causerebbe meno danni.
Dicevo che non e' un problema italiano, intendendo che politici,
sindacalisti, casalinghe (tra cui ci sono - anche - brave persone),
ma anche un certo tipo di manager, a livello universitario o anche
di ricerca avanzata industriale propongono metodi che non possono
essere adeguati. All'universita' ci vogliono buoni gruppi di lavoro,
anche con un capo, ma uno che rispetta i suoi collaboratori, che
lavora anche per loro, non uno che, in una specie di reciproco ricatto
gli promette di farsi forte per un loro avanzamento di carriera, ma
un capo che ha l'ambizione che chi lavoro con lui impara tante cose
che la carriera poi la fa automaticamente. E che insegna anche che
nella scienza la carriera non dovrebbe essere cosi' importante, se
e' garantita la dignita' (30 anni fa un assistente universitario
aveva una bella reputazione) e l'atmosfera e' gratificante
scientificamente e umanamente.
Caso Aliaga
Date: Mon, 26 Jun 2000 12:08:18 +0200
From: Josef Eschgfaeller
To: unilex@list.cineca.it
Subject: Democrazia
Ho riletto la piu' vecchia mail di Aliaga che ho, del 1997.
Allora gli davo piu' ragione di oggi, probabilmente perche' mail sempre
uguali danno l'impressione che qui non si conclude niente.
Pero' rileggendo quella mail impressiona sicuramente il gran numero
di persone di alto livello accademico (togliamo i politici e i giornalisti)
che si sono messi dalla sua parte. Quindi, almeno da parte di chi vive
nel Nord America, ci sono forse alcuni punti da rilevare:
(1) Sorprende (un americano, intendo) quanto poco effetto fanno prese di
posizione pubbliche di docenti universitari di un certo rango.
Naturalmente in genere appelli di professori francesi negli USA
non so che effetto facciano. Il confronto Italia-USA poi mi sembra
proponga un groviglio di considerazioni che non riesco ad affrontare.
(2) Io in questo momento non ho nessuna opinione affidabile sul caso
Aliaga. Pero' il principio dovrebbe essere questo, e qui leggermente
mi distacco da alcuni pensieri espressi in questa lista: Puo' sbagliare
metodo, e' vero, ma la cosa piu' importante e' capire, se ha ragione
o se ha torto. Se ha subito un danno, bisogna aiutarlo.
(3) Quindi Aliaga ha il dovere di dimostrare meglio la sua causa
(ma vedi punto 4), e spiegare per esempio perche' in tutti questi
anni, e con tutto quel supporto che sembrava avere, non e' riuscito
a ricostruire la sua carriera in Canada. Se pero' ci sono veramente
colpe da parte dell'amministrazione pubblica italiana, deve essere
chiaro che lui ha il diritto di continuare la sua lotta (pero' vedi
sempre punto 4). Alcuni suoi commenti sono sicuramente quasi offensivi
e di cattivo stile, anche perche' rivolti a persone che a lui torto
non hanno fatto alcuno, ma rimane sempre la sorpresa (amara si direbbe
in italiano) di vedere, che in Italia non e', come altrove, utile
cercare di coinvolgere altri per una protesta pubblicamente supportata.
All'estero con democrazia si intende questo. Che poi anche li' comandano
i politici e' un'altra cosa. Ma uno puo' mettersi contro
l'amministrazione pubblica o il governatore e non si trova biasimato
per questo anche da quelli che con l'amministrazione o il governatore
dicono di non andar d'accordo.
(4) Solo che: in questa lista non ci sono, mi sembra, influenti politici
o giornalisti, che possano cambiare le ingiustizie o addirittura
intervenire nelle insufficienze di procedure amministrative di nove
anni fa. Quindi la lista puo' farsi un giudizio (ma non abbiamo avuto
molti nuovi elementi) e non fare i soliti Ponzi Pilati, pero' non
dovrebbe essere utilizzata per sfoghi inutili.
(5) Ci sono due cose necessarie all'universita' italiana: obiettivita'
e coraggio. L'obiettivita' e' necessaria perche' uno deve sapere per
cosa lotta e deve anche vedere le cose in un quadro un po' piu'
generale, e il coraggio, perche' talvolta bisogna anche dire quel
che si pensa.
je
---------------------------------------------------------------------
Ho avuto in seguito a questa mail da Aliaga copia di una lettera recente
da parte dell'associazione canadese dei docenti universitari al ministro
Zecchino. Aliaga attualmente lavora come consulente informatico, non
avendo potuto continuare la sua carriera universitaria anche perche'
l'amministrazione italiana non gli ha nemmeno inviato i documenti
riguardanti il suo curriculum.
Canadian Association of University Teachers
February 24, 2000
Professor Ortensio Zecchino
Minister of Italian Universities
M.U.R.S.T
Piazza J. F. Kennedy, 20
Rome, 00144
ITALY
Dear Professor Zecchino:
Re: Mr. David Aliaga
As President of the Canadian Association of University Teachers
(CAUT), I am writing on behalf of the 30,000 university teachers,
academic librarians and researchers that our organization represents.
The purpose of this letter is to express our continued concern over
the case of Mr. David Aliaga. Mr. Aliaga is a Canadian citizen
who enrolled as a candidate for the title Dottore di Ricerca in the
Ethno-Anthropology program at the University of Calabria.
Although Mr. Aliaga completed the requirements of the program,
his examination committee, utilizing what appears to be rather
unusual procedural practices, rejected his candidacy for the title
of Dottore di Ricerca.
On September 29, 1998 we first expressed our concerns in this
matter in a letter to your office. At that time, we urged the then
Minister of Italian Universities to use his good offices to ensure
that:
i) an appeal process is established to review the decision to deny
Mr. Aliaga's candidacy for the title Dottore di Ricerca;
ii) the documents Mr. Aliaga has requested respecting his academic
record at the University of Calabria be inmediately forwarded to
him; and
iii) a suitable apology and financial compensation be provided to
Mr. Aliaga.
Our understanding from Mr. Aliaga is that none of these steps
has ocurred. While he informs us that an ad hoc committee of the
Italian National University Board did conduct an examination of
the matter, this examination did not constitute a genuine review
of the case. For example, Mr. Aliaga indicates that he was never
personally consulted by the committee.
As such, Mr. Aliaga continues to find himself unable to access
a real form of appeals process with regard to to the denial of
his PhD credentials. Moreover, Mr. Aliaga remains unable to
secure a copy of his academic trancripts. This refusal to provide
Mr. Aliaga with an account of his course work and final results
has left him in professional limbo. The lack of a record of his
academic achievements at the University of Calabria in Italy
has harmed his ability to pursue further studies.
In all this circumstances, we continue to urge you to seek
resolution to Mr. Aliaga's long standing grievances by:
a) establish a genuine appeal process to review the decision
to deny Mr. Aliaga's candidacy for the title Dottore di Ricerca;
b) ensuring that his academic record at the University of Calabria
be inmediately forwarded to him; and c) providing him with
an apology and compensation for the difficulties he has endured.
Thank you for your attention to this matter.
Sincerely,
William Graham
President
cc: Mr. David Aliaga,
James Turk, Executive Director, CAUT,
Paul Jones, Robert Leger.
Dottorato e mestiere
Date: Mon, 26 Jun 2000 12:06:59 +0200
From: Josef Eschgfaeller
To: unilex@list.cineca.it
[...] wrote:
> E' diverso per la ricerca?
> Non e' un mestiere che bisogna imparare a fare anche quello?
> Non e' un mestiere con le sue regole, i suoi metodi? Anzi, forse e' il
> mestiere al mondo in cui IL METODO ha la massima importanza....
> La ricerca e' un mestiere che si impara con anni di pratica, sotto una
> guida qualificata, all'interno di un gruppo che funziona.
> Esiste un percorso di formazione specifico per imparare a fare questo
> mestiere e questo e' il dottorato.
Alcune obiezioni, piu' generali che polemiche:
(1) All'estero molte valutazioni vengono fatte dalle commissioni stesse,
non a priori nelle condizioni di ammissione. E' una differenza
fondamentale con il sistema italiano. Se una persona partecipa a
un concorso universitario, non ha ne' dottorato di ricerca ne'
PhD ne' simile, e tutti gli altri ce l'hanno, allora la commissione
in genere lo passera' in coda alla classifica. Ma ha (all'estero)
anche il dovere di valutare se il candidato ha fatto altre cose, che
possono sostituire il dottorato, ad esempio una lunga esperienza
nell'industria e importanti brevetti.
(2) Perche' il dottorato di ricerca da un po' di tempo serve solo
nella carriera universitaria? Un PhD (americano o europeo) in
chimica dimostra che uno sa fare ricerca in chimica, quindi puo'
essere qualificante soprattutto per entrare nella aziende chimiche
o farmaceutiche.
(3) Il dottorato prepara alla ricerca? E' una formulazione un po' infelice,
mi sembra. In genere il conseguito dottorato dovrebbe dimostrare che
una persona ha gia' fatto una ricerca autonoma e originale. Dimostrato
questo, uno puo' anche decidere di fare altre cose. Ma l'azienda o l'ente
che lo assume, sa con che tipo di persona ha da fare.
(4) "Gruppo che funziona" - c'e' sempre il pericolo che basta appartenere
al gruppo per far carriera. Tra l'altro gruppo e autonomia/originalita'
sono un po' in disaccordo, per questo all'estero, almeno in alcuni
campi, si e' molto severi sul chiedere che il candidato lavori da solo.
(5) Anche il "metodo" e' pericoloso. La ricerca consiste spesso nel cambiare
metodo. Cio' e' difficile dappertutto, ma in particolar misura in Italia,
dove spesso il compito principale di un docente universitario viene
visto nel contribuire al sopravvivere di un tale metodo (cioe' del
gruppo che si vede come suo detentore).