Assistenti studenti

Date: Wed, 23 Oct 1996 00:38:52 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria [contratti part-time per studenti] Nell'area informatica gli studenti hanno spesso un'esperienza e passione incredibili. Che qui, almeno all'universita' di Ferrara, non si riesce a farli lavorare, non danneggia solo questi studenti, ma anche gli istituti stessi. Questi ragazzi per esempio conoscono tutte le novita', i prezzi, quando il disco fisso e' guasto o troppo piccolo sostituiscono il disco fisso (costo 350.000 Lire) invece di sostituire, come fanno i professori, il computer (costo 3.500.000 Lire), sono in grado di fare la manutenzione di sistema ecc. Importante e' anche qui scegliere i migliori. Comunque trovo abbastanza vergognoso che l'universita' di Ferrara non abbia abbastanza fantasia per evitare che i ragazzi devono andare nello zuccherificio invece di aiutarci nei laboratori. Se uno studente lavora nell'informatica per 2-3 anni e ogni anno scrive un piccolo rapporto che documenta l'attivita' svolta e l'esperienza acquisita, quando e' laureato puo' far vedere 2-3 rapporti che qualcosa possono valere. E gli istituti hanno solo da guadagnare.

Come scegliere i professori universitari

Date: Mon, 23 Sep 1996 12:56:20 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller [le ricerche innovative vengono punite] Sono d'accordo con questa obiezione. Oltre a questo un professore ordinario dovrebbe (tornare a) svolgere funzioni direttive, e credo che nessuna impresa si sognerebbe di assumere i propri dirigenti con questi calcoli. Creano in fondo solo degli specialisti che si preoccupano soltanto di guadagnare punteggi (come purtroppo avviene anche nelle carriere degli insegnanti). [finanziamenti] Off topic osservo qui che sono d'accordissimo che un ricercatore debba preoccuparsi di ottenere finanziamenti, solo che in America con cio' si intende soprattutto ottenere finanziamenti al di fuori dell'universita', che e' piu' divertente. [industria] Da Ferrara non riesco a valutarlo bene, ma io ho l'impressione che anche nei casi di accordi tra universita' e imprese o enti si tratti solo di iniziative politiche. Cioe' mi sembra che l'impresa o l'ente che stipula un tale contratto, non abbia in mente qualche scopo scientifico o invenzione, che spera che l'universita' gli procuri, ma lo si fa solo per questioni di prestigio, per poterne parlare ecc. Non so se ci sono controesempi. Sicuro e' che nell'universita' italiana le invenzioni sono poco richieste.

I classici

Date: Mon, 28 Oct 1996 21:55:00 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria [valore dei classici] I classici sono sempre stati ritenuti utili quando era uso che uno li interiorizzava. Allo spettatore i classici non danno niente. Quando ancora uno li imparava a memoria, entravano nella sua mente e ne facevano parte, e potevano essere uno strumento per arricchirsi non solo esteticamente, ma anche per risolvere problemi della vita quotidiana. [computer e insegnamento] Dalle 9 del mattino fino alle 2 di notte, mentre sto a casa, ho il computer acceso alla mia sinistra, e quando vado in istituto mi aspettano altri computer. Non c'e' niente che mi piace di piu' che imparare nuovi linguaggi di programmazione (quest'anno in lezione faccio il Perl che e' una cosa fantastica, tra l'altro viene usato anche dai linguisti). Nonostante cio' credo che per molte cose che faccio l'istruzione classica abbia ancora un effetto fortissimo. E molte cose che oggi si fanno al computer servono solo a nutrire i produttori di computer e di software.

La favola della gaussiana

Date: Mon, 28 Oct 1996 21:42:26 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller Talvolta qualcuno afferma che per scoprire se un professore da' i voti giusti, basta confrontare i suoi voti con la distribuzione gaussiana. Secondo me non e' cosi'. Prendiamo le reclute all'inizio dell'addestramento. Probabilmente se si valutano le loro capacita' di sparare, si otterra' una gaussiana. Infatti le reclute vengono scelte secondo criteri che hanno poco da fare con quello che sanno gia', e in statistica si impara perche' allora ci si puo' aspettare una gaussiana. Ma alla fine dell'anno si spera che le diffe- renze siano diminuite e che l'addestramento abbia avuto effetto. Quindi l'allenatore che a quel punto ha ancora una distribuzione gaussiana ha poco motivo di esserne orgoglioso.

Stress in Italy

Date: Wed, 30 Oct 1996 01:37:32 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria [quali percentuali di stress negli atenei?] Qualcuno sostiene che l'universita' italiana consiste soltanto di stress. Quindi al 100%. Forse tutti sarebbero anche d'accordo che non si tratta quasi mai di uno stress serio. Spesso si litiga per cavilli, e lo stress maggiore sono proprio i litigi. Come d'uso in Italia molte cose poi non vengono portate agli estremi e quindi e' sempre possibile un aggiustamento. In ogni caso l'universita' italiana non ha piu' una chiara missione. Manca l'orgoglio per la propria istituzione. Manca il contatto con gli studenti che spesso vengono considerati esseri inferiori. Uno e' stupido perche' ha 20 anni. I docenti sono suddivisi in rigidi gruppi disciplinari su cui si basano i concorsi. Questi gruppi disciplinari sono in pratica l'unico tipo di legame. E' considerato normale che un docente tiene per 20-30 anni ogni anno lo stesso corso. Quindi nonostante la maggior parte dei docenti, anche i piu' giovani, abbiano una posizione a vita, mancano molte gratificazioni. Non e' gratificante che la propria universita' sia forte, non e' gratificante che i propri studenti siano bravi, non e' - spesso - interessante avere un bel laboratorio. Alcune universita' (ad esempio la mia) non hanno una biblioteca universitaria. Quelli che stanno in tutte le commissioni non hanno tempo per leggere. Devono parlare. Quindi non sentono il bisogno di una biblioteca. Questo insieme alla rigidita' dei gruppi fa in modo che e' difficilissima ogni ricerca di tipo interdisciplinare. Per campi nuovi o ai bordi dei campi tradizionali mancano libri, riviste, attrezzature. Se per i piu' anziani la sorgente di stress maggiore sono i litigi, per i piu' giovani e' la macchinosita' e imprevedibilita' dei concorsi, che avvengono a intervalli lunghissimi su base nazionale. Negli intervalli spesso per anni non si parla di altro. Quindi, come detto, forse lo stress maggiore deriva dal fatto che l'universita' italiana non ha una missione. Ad esempio quella che un docente ritiene di avere il compito di fare in modo che gli studenti a cui insegna imparino un mestiere, che da solo puo' essere gratificante. O anche che vorrebbe che ogni tanto anche nella sua universita' si faccia qualche invenzione. Sentiamo qualche altro stress-analyst.

Studenti sfruttati

Date: Wed, 23 Oct 1996 12:36:18 +0000 From: Josef Eschgfaeller To: Multiple recipients of list UNILEX [gli assistenti studenti vengono sfruttati] No, credo che siamo stati fraintesi. Il punto era proprio che invece di impiegarli solo nell'ambito delle 150 ore, li si dovrebbe considerare come qualsiasi altro tipo di esperto e quindi offrirgli possibilita' di lavoro o contratti di consulenza indipenden- temente dal fatto che siano studenti o no. Io penso che e' meglio che uno studente si guadagni i soldi con qualcosa che fa volen- tieri e che gli permette di acquisire o allargare le proprie esperienze professionali piuttosto che andare a lavorare in zuccheri- ficio o in pizzeria. E' garantito che anche gli studenti non si sentirebbero sfruttati. Il mio problema e' proprio che ho troppi assistenti volontari che con la loro passione lavorano gratis per noi, ci fanno risparmiare soldi e ci aiutano, e non riusciamo a pagarli per cavilli burocratici che non esistono in altri paesi. Secondo me vengono sfruttati allo stato attuale.

Tesi di laurea

Date: Mon, 28 Oct 1996 21:32:42 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria [...] Anche se alcuni temi specifici forse escono dal tema principale di questa lista, penso che possa essere utile una discussione della didattica anche in questo ambiente. Essendo matematico/informatico, a alcune domande da lei poste non posso rispondere. Ma alcune questioni sono di carattere generale e ci coinvolgono tutti. [voto di laurea] Qui appunto non posso dare una risposta. Ma la sua domanda mi fa venire in mente che, almeno nel mio corso di laurea e probabilmente in tutta la mia facolta', mentre tutti gli altri esami hanno delle regole, non sembra possibile introdurre criteri di valutazione per l'esame di laurea. Quindi ogni corso di laurea ha i suoi margini per gli aumenti che vengono aggiunti alla media su 110, spesso ogni gruppo di professori ha poi una valutazione sua. Puo' capitare che lo studente A viene giudicato molto bravo da tutti, quindi gli si danno 7 punti di aumento. Un'ora dopo e' il turno di B, tutti, anche il relatore, sono d'accordo che questo studente e' medio, e anche a lui si danno 7 punti. Poi c'e' il relatore che da' il voto a se stesso e chiede 10 punti. Un modo che vorrei proporre fra poco (senza molta probabilita' di successo) nel CCL e' questo: (1) Le due tesine vengono esaminate dai due relatori e un terzo commissario come in un esame normale, al di fuori dell'esame di laurea. Le due tesine insieme valgono come un esame in piu' con un voto da 18 a 30, come negli esami normali. (2) Gli uffici o il presidente del CCL, quando gli perviene il risultato dell'esame sulle tesine, calcolano la media su 110. Poi questa media viene arrotondata, in modo che all'esame di laurea lo studente si presenta con una media intera. (3) L'esame di laurea verte soltanto sulla tesi, tenendo conto sia dell'elaborato scritto, che dell'esposizione e naturalmente del giudizio complessivo del relatore. La tesi viene valutata separatamente, con un voto netto e intero, di cui sono noti gli equi- valenti verbali (non so se un linguista accetterebbe "equivalenti semantici" qui): 9 eccellente 8 ottima 7 buona 6 media 5 sufficiente 4 scarsa lasciando alla commissione la facolta' di respingere il candidato in casi eccezionali. Il voto della tesi viene aggiunto alla media, e costituisce il voto di laurea, tranne quando vengono superati i 110 punti. In tal caso 111 diventano 110, 112 e piu' diventano 110 e lode. Molti studenti sono in ansia e preoccupati per l'esame di laurea, hanno lavorato molto, e poi sono mortificati da un trattamento sommario e indifferente. Che poi ci sono commissioni che volgono le spalle al candidato o si divertano a deriderlo, fa piu' parte della maleducazione, ma ha effetti non indifferenti sulla qualita' di un corso di laurea. [valore della didattica] Credo anch'io. La didattica va fatta per la classe, e lo scopo dell'insegnamento e' di fornire strumenti agli allievi con un allenamento che li fa lavorare e con un insegnamento teorico dove entrano le cose che il professore stesso ha imparato (magari in molti anni di carriera, ma non solo quelle che ha imparato 20 anni fa). E' sicuro che il miglior insegnante e' quello che studia e legge di piu'. La didattica teorica invece ha poco senso. Molto piu' importante e' essere interattivo e aver proprio voglia a portare gli studenti al miglior rendimento possibile. Chiudo e racconto quello che penso della favola della gaussiana nella prossima mail.

Riforma univesitaria

Date: Tue, 25 Nov 1997 23:21:06 +0000 (GMT) From: Josef Eschgfaeller To: Bacheca del Dipartimento Matematico [Su un articolo di Alessandro Figà-Talamanca (Repubblica 25 Novembre 1997)] Eppure "garantire che le scelte di merito scientifico rimangano saldamente nelle mani delle comunita' scientifiche nazionali" e' terribile. Non e' solo una tremenda (probabilmente giustificata) dichiarazione di diffidenza verso le sedi locali - e' anche un principio che non tiene conto del fatto che la diversita' e' un importante fattore di qualita' nelle iniziative di ricerca di un paese. [Articolo] Cosa fare - non lo so. L'universita' e' un po' in crisi in tutti i paesi, si sbriciolano vecchie sicurezze, i livelli si molteplicano, da un lato alcuni gestiscono vecchi privilegi e continuano a insegnare cose obsolete, dall' altro c'e' un'invasione di cose effimere, oppure meccanismi di valutazione che talvolta fanno bene e spesso fanno solo perdere un'infinita' di tempo e spezzano ogni ricerca coerente. In Italia pero' si aggiunge una convinzione che confonde moltissimo le cose. E' la convinzione che un posto, facciamo una cattedra, sia un premio, non un compito. Quindi uno va in cattedra per le belle cose che ha fatto, nessuno si preoccupa di cio' che dovra' fare. Concretamente intendo che non ha molto senso cercare affannosamente il concorso perfetto e giusto per i meritevoli. Il problema si risol- vera' solo quando ogni posto all'universita' viene definito e finalizzato, attrezzato adeguatamente, e poi si cerca la persona che lo sa fare meglio. Ci sono troppe persone passive nell'universita' italiana, a tutti i livelli. Ma il sistema non educa alla responsabilita'. Per conto mio preferisco che ci siano 3-4 universita' corrotte, se nelle altre si puo' respirare e creare qualcosa, invece di vedere tutti quanti sempre preoccupati per questi concorsi, in un sistema dove lavorare per la propria universita' o con i propri studenti e' considerato ridicolo. Molte attivita' sono come un iceberg, dove c'e' solo la punta e manca la base. Cioe' le universita' italiane non hanno vita interna. Quando si vede quello che fanno altrove, c'e' da rabbrividire. Non solo per invidia, perche' uno scienziato non vorrebbe stare nell'ultima parte del mondo, ma anche perche' tutto questo fra pochi anni lo dovremo pagare. Gia' adesso molte tecnologie vengono importate, che si potrebbero benissimo fare in casa. Di informatica si parla piu' alla radio di Rai 1 che all'universita'. L'ottimizzazione matematica negli ultimi 20 anni ha fatto tali progressi che, mentre allora mi divertivo a fare un po' di programmazione lineare, oggi posso solo stare a bocca aperto davanti a quello che fanno, con gruppi di 20-50 persone in molte universita' tedesche ad esempio. Ma ci sono molte altre cose che si potrebbero fare, ci sono anche cose nuove dove la concorrenza non e' ancora grandissima. Gli studenti di matematica diventano sempre meno. Bisogna cambiare i piani di studio. E educarli a ragionare con la propria testa. Forse meno corsi negli ultimi due anni, concentrarsi invece sulla tesi e sullo studio autonomo. Nel primo biennio tutta la matematica di base, per poi potersi specializzare nel secondo. Gli studenti devono: (1) Sapere a cosa serve quello che studiano. (2) Poter essere orgogliosi di studiare matematica.

Corso di laurea in matematica

Date: Thu, 3 Jun 1999 11:03:58 +0200 (CEST) From: Josef Eschgfaeller To: Bacheca del Dipartimento Matematico Sono alcune considerazioni non polemiche, ma piuttosto di emergenza sul riordinamento del corso di laurea in matematica. Anche se il 3+2 non passa nella forma prevista finora, probabilmente una liberalizzazione per la possibilita' di cambiamenti ci sara' e il nostro corso di laurea dovrebbe essere preparato. Preparato significa avere delle idee e degli obiettivi. Piu' chiari sono questi obiettivi e queste idee, piu' facile sara' realizzarli in un qualsiasi contesto formale (ad es. 4+2). In un certo senso sono in competizione tre filosofie: (1) Lasciare tutto cosi' com'e', con ogni gruppo di discipline che salvaguardia con i denti i propri interessi, a dividersi un numero di studenti sempre piu' piccolo fino a quando non ci sara' piu' niente da dividere. (2) Abbandonare la nave che affonda, con i matematici che vanno a insegnare corsi di servizio negli altri corsi di laurea. (3) Fare in modo da avere di nuovo 50 iscritti al primo anno di matematica, rivoluzionando i piani di studi, accettando che dal terz'anno in su gli studenti possano imboccare strade non tradizionali (informatica, matematica finanziaria, ...). Naturalmente sono per la terza filosofia. E' molto piu' divertente avere 50 studenti nei corsi del primo biennio, e se poi nei corsi di matematica pura degli anni successivi ci saranno solo 20 su 50, e' sempre meglio avere 20/50 piuttosto che 5/5. Negli ultimi anni abbiamo assistito senza reagire a un calo di studenti fortissimo che ormai rende difficile anche i cambiamenti. Ad esempio abbiamo cosi' pochi studenti che il rimedio di introdurre corsi interessanti rende la vita ancor piu' difficile ai docenti degli altri corsi che rischiano di perdere i pochi studenti che hanno. Quindi bisogna intervenire alla base e aumentare il numero critico degli iscritti al prim'anno. I punti su cui intervenire sono, a mio avviso: (1) Rifare i piani di studio. (2) Creare un ambiente di studio attraente per gli studenti, spendendo di piu' per i laboratori. Non e' un invito a rovinare il laboratorio che ho creato io. Piuttosto si dovrebbero crearne degli altri. L'aula didattica ad esempio (penso che purtroppo ormai non ci sia piu' niente da fare perche' i cambiamenti sarebbero molto costosi) poteva essere usata per creare 4 o piu' bei laboratori di informatica. Per le lezioni non servono i computer. Ma e' un discorso che si doveva fare qualche anno fa. In sede centrale bisogna intervenire per fare in modo che cambino certe priorita'. Piu' contributi didattici (anche per libri sia per gli studenti che per i docenti, i quali per preparare le lezioni hanno bisogno anch'essi di supporto) e meno spese per cosiddette grandi attrezzature (un microscopio elettronico sara' sempre costoso, ma l'utilita' di un computer dipende molto di piu' dall'abilita' dell'utente che dalla cifra che si spende). Per quanto riguarda i piani di studio, l'idea che avrei e' circa questa: (1) Un biennio soprattutto di matematica. Solida preparazione, pochi giochetti. Prospettare dall'inizio agli studenti un profilo professionale che si colloca attorno al compito classico del matematico nello sviluppo e nella verifica di modelli. Il matematico come colui che sa quando un ragionamento e' vero e quando e' falso. (2) Gli anni successivi per la specializzazione. Una volta scelto un campo, uno si butta su questo. Chi vuole fare fisica matematica, segue 3 o anche 4 corsi su 4 all'anno di fisica matematica, idem per informatica, geometria algebrica, analisi, probabilita' e statistica ecc. Non penserei in tutto questo a tanti nuovi docenti. Alcuni dei piu' giovani possono fare parecchi corsi applicativi. Si possono anche mutuare insegnamenti da altri corsi di laurea e non e' necessario che ogni anno venga offerto tutto. Piu' organizzazione (libri/laboratori) e meno gelosia. La rivoluzione dei piani di studi dovrebbe essere anche ottica. Pensando agli studenti che si iscriveranno l'anno accademico che viene, possiamo includere e pubblicizzare gia' adesso i corsi che faremo quando loro saranno al terz'anno.

Springer

La casa editrice Springer, a sua volta proprieta' della Bertelsmann, ha venduto la Lange & Springer (agenzia per riviste e libri) alla EBSCO. Per il momento cambia solo la proprieta' e rimangono gli uffici. In questo modo Bertelsmann e Springer si possono concentrare sulla produzione dell'informazione e si tolgono dalla lotta tra le agenzie, che allo stesso tempo sono loro clienti. Tra l'altro con EBSCO Online la EBSCO vuole offrire l'accesso via Internet a molte riviste. Bisognerebbe indagare. Ovviamente non sara' gratis. Secondo queste informazioni tra le grandi agenzie di distribuzione rimangono solo Swets e EBSCO. Qualche anno fa il concetto dei global players era poco piu' di uno slogan, ma sta diventando uno status symbol e un'idea fissa dei grandi managers, e forse anche un'esigenza reale. In verita' non e' una cosa nuova (vedi coca cola, detersivi o sigarette), ma riguarda adesso anche il mondo dell'informazione, in cui gli scienziati sono inseriti o si fanno inserire. Cioe' gli scienziati dovrebbero distinguere tra attivita' che servono alla scienza e quelle che nutrono solo le case editrici e i distributori. Nella politica concreta della nostra biblioteca si potrebbe rinunciare a qualche rivista e curare di piu' i libri di testo, perche' questi servono sempre. Potremmo dire che ogni anno spendiamo assiomaticamente 40 milioni per libri, indipendentemente da quello che succede con le riviste. Ai nostri nonni e padri hanno rovinato la gioventu' facendoli fare guerre mondiali (mio padre si e' fatto anche quella dell'Etiopia come antipasto) e nessuno si occupava di quello che pensavano o desideravano. Oggi invece i grandi pensano solo a noi. Quindi nonostante tutto il mondo e' migliorato. (8 giugno 1998)

Meriti e prestazioni

Date: Wed, 10 Nov 1999 14:25:01 +0100 (CET) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX [...] wrote: > La valutazione di tutti per riassegnare ruoli, attribuzioni e stipendio > ... la puo' fare benissimo ogni dipartimento con una apposita commissione, > che stili una graduatoria sulla base di un trasparente utilizzo di > parametri oggettivi. Ci sono state guerre sanguinose per molto meno (supplenze ecc.). Un aspetto terribilmente antipatico in tutti questi discorsi di valutazione e' che se vengono veramente applicate queste idee, non riesco piu' a lavorare gratis. Cioe' qualsiasi cosa che faccio, qualcuno sospettera' che lo faccio per i soldi. Se tengo un corso (ufficiale o non ufficiale) in piu', qualcuno dira' che lo faccio per la valutazione e non per il piacere di insegnare qualcosa agli studenti. Se curo delle pagine web, mi vorranno pagare dei soldi oppure me lo impediranno, perche' ci vuole guadagnare qualcun'altro. E avranno la meglio quelli che non muovono un dito se non li paghi. Ogni parola che dico influisce sul mio stipendio? E se le cose piu' importanti ad esempio le dico in lezione, quando nessuno dei valutatori ascolta? E se qualcuno aspira a compiti amministrativi, piccoli o grandi, verra' premiato, e quindi ci aspira di piu'? Io sono dell'opinione che uno deve essere assunto in una certa posizione e per certi compiti. La burocrazia dei "meriti" e delle prestazioni porta a perversioni. Saremo occupati a compilare lunghe liste di cose che abbiamo fatto, come i medici in certi paesi. Non vedo vantaggi ne' dal punto di vista delle spese ne' da quello della morale. *** [...] wrote: > Se siamo d'accordo sul fatto che non esistano "tipi" diversi di > didattica o di ricerca, per cui TUTTI i professori universitari > svolgono lo stesso tipo di attivita' istituzionale Non siamo tutti d'accordo. Se uno guida un gruppo di 30 persone, non svolge lo stesso lavoro dei suoi collaboratori. E chi e' responsabile di un corso non fa la stessa didattica del venticinquenne che fa (dovrebbe) fare il tutore/esercitatore. Se il venticinquenne poi dimostra che dara' dei contributi preziosi all'universita', diventa professore associato o ordinario, anche subito. Il che non e' una ragione per promuovere tutti gli altri venticinquenni. Tra l'altro uno non dovrebbe diventare professore per quello che ha fatto, ma per quello che fara'. Con questo principio in altri paesi si fa carriera molto prima. Sono cosi' fortemente in disaccordo, perche' l'assioma che qui viene cosi' spesso ripetuto appiattisce e rovina la nostra professione.

Marionette

Date: Fri, 2 Jul 1999 19:51:51 +0200 (CEST) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX [...] wrote: > Non vedo nulla di tragico se un docente di fascia alta, a cui e' pervenuto > piu' o meno meritatamente con i meccanismi attuali, viene fatto scendere > (con ridimensionamento di potere accademico e di retribuzione, ovviamente). Come nel Sumo. Ma non sono poveri cristi? Comunque l'idea di una fascia di ordinari e sei fasce di professori vicari a mio avviso crea piu' un burrone tra gli ordinari e gli altri, piuttosto che diminuire le differenze, se si volesse questo. A parte i problemi tecnici, sarebbe una manna per tutti quelli che vorrebbero guidare i professori come marionette. In tutte queste discussioni mi sembra che si perde sempre di piu' di vista la figura stessa del professore universitario. E come vedere tre vicini che passano il tempo a distruggere pian piano un pezzo della casa dell'altro. Se non stanno attenti, alla fine nessuno dei tre puo' piu' invitare qualcuno.

Progressioni di carriera

From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX [...] wrote: > Una progressione di carriera che: > Sia articolata in VI classi stipendiali scandite in periodi quinquennali Questo pero' significa che si fa a meno della diversita' delle mansioni. Chi guida i gruppi di lavoro? Penso invece che si debbano distinguere mansioni e classi stipendiali. Quindi ad esempio 4 gruppi di docenti, di cui una prima di entrata e non a posto fisso, e classi stipendiali all'interno di questi gruppi, sarebbe piu' funzionale. La classe di entrata e' necessaria non solo per garantire il necessario turnover e non chiudere tutto a quelli che vengono dopo, ma anche perche' una persona puo' essere un valido collaboratore a quei livelli, ma meno adatta a fare il professore universitario. Quindi lavora per 2-4-6 anni all'universita', impara ancora qualcosa ad alto livello (si spera) e poi va in una professione piu' pratica con una qualifica in piu' e in tempo per trovare ancora un impiego. Quando si occupano i posti piu' alti, bisognerebbe tener conto delle capacita' di guida e di organizzazione. Non ha senso riempire la prima fascia con gente che ha solo pubblicazioni, spesso sulla scia di collaborazioni con colleghi esteri, al cui lavoro di base non ha mai partecipato, e quando occupa un posto di prima fascia non e' in grado di creare e nemmeno di mantenere un'efficiente struttura e infrastruttura di didattica, di ricerca, di indirizzamento e di attrezzature.

Carriera universitaria

Date: Sun, 31 Oct 1999 15:16:12 +0100 (CET) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX [...] mi ha mandato privatamente una mail gentile, a cui vorrei rispondere sulla lista. La netiquette imporrebbe che a messaggi personali non si risponda in pubblico, d'altra parte forse le discussioni piu' interessanti si dovrebbero fare in pubblico e non in privato. La lista Unilex del prof. Sapigni anni fa e' nata come lista di discussione, ma poi si e' sviluppata forse un po' troppo verso una pura funzione di comunicati, in cui le questioni che stanno a fondo dei problemi che le leggi dovrebbero risolvere, non vengono piu' affrontate. > confesso di non aver capito il senso del tuo messaggio. Volevo dire che l'universita' italiana e' complicata e spesso non e' facile distinguere tra le rivendicazioni giuste e quelle puramente corporative. > Colgo l'occasione per dirti di aver sottoposto il problema dei lettori Forse e' corretto dirti che nonostante il nome non sono un lettore ma un professore associato di matematica e informatica. Ho studiato a Vienna, ma poi mi sono fatto ormai 26 anni di carriera (borsista - contrattista - professore incaricato - associato) in Italia. Quindi molti problemi li conosco per averli osservati e per averli vissuti. Ma c'e' una differenza di fondo, credo, tra la mia e la vostra posizione. L'universita' e' un'istituzione che ha degli scopi precisi (fin a quando non la distruggono) - portare avanti e insegnare le conoscenze e le tecnologie collegate. Per fare questo l'universita' ha bisogno di strutture e strumenti efficienti. Naturalmente la qualita' delle persone che vi operano e' importante. Quindi non si possono assumere interi gruppi di persone solo perche' sono politicamente organizzate. E non bisogna nemmeno solo tener conto dei meriti e delle capacita' di queste persone, ma delle necessita' che le universita' hanno. Se un'universita' ha bisogno di un bravo geologo e ci sono quattro bravissimi che si offrono, ne puo' assumere solo uno. Cosa fanno gli altri tre? Questa e' una domanda collegata a uno dei piu' grandi difetti dell'universita' italiana, la quale non crea, come invece dovrebbe, un ambiente culturale e tecnologico nella propria regione dove poi riescono a trovare lavoro persone capaci che non possono o non vogliono intraprendere la carriera universitaria. In momenti critici l'universita' in questo modo rischia di subire, dovendosi adeguare a pressioni politiche o economiche, perche' non ha mai voluto assumere questo ruolo di guida. Riguardo alla carriera universitaria le mie idee sono diverse dalle vostre. Da un lato bisogna creare percorsi alternativi, al di fuori dell'universita', con una certa flessibilita' dei passaggi. Dall'altro le carriere all'interno dell'universita' devono essere funzionali ai bisogni della ricerca e dell'insegnamento, e non solo ai bisogni delle carriere personali. L'universita' ha bisogno anche di gruppi di lavoro in cui operano collaboratori a tempo determinato. E' importante che a questi vengano offerte condizioni di lavoro gratificanti sia per quanto riguarda la posizione sociale che per quanto riguarda il guadagno per altre future occupazioni che un'attivita' di alcuni anni in un ambiente ad alto livello (spesso utopia, purtroppo) puo' costituire. Ma cio' non significa che tutti possono avere subito un posto a vita. Verso i 30-32 anni una persona dovrebbe invece avere la possibilita' di poter scegliere tra una carriera universitaria a vita oppure un'attivita' diversa in cui usufruire di quello che ha imparato all'universita'. Quando ritengo che siano giuste posizioni temporanee all'inizio della carriera universitaria, questo non significa che sia d'accordo con le idee che la confusa legislazione universitaria ha procreato negli ultimi anni (e in verita' anche in tutti gli anni meno recenti). Quelli che mi conoscono sanno che sono molto sensibile e ostile verso ogni forma di ricatto, e vorrei che anche i miei colleghi non si facciano ricattare. Quanti bravi laureati perdiamo perche' il lavoro all'universita' non gli dice niente, con percorsi assurdi dove uno non capisce nemmeno per quale scopo sta lavorando! La cosa piu' importante in ogni riforma universitaria sarebbe proprio di rendere il nostro lavoro piu' attraente, piu' normale, piu' efficiente, qualcosa che respinge gli opportunisti e non il contrario.

Incentivi

Date: Fri, 12 Nov 1999 12:28:07 +0100 (CET) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX On Fri, 12 Nov 1999, [...] wrote: > Questi comportamenti non codificati, questa diversa moralita' sono, a mio > parere, indotti semplicemente dai meccanismi di "gratificazione" > in atto da decenni nel mondo accademico anglosassone Non e' cosi'. E' un'illusione sperare in incentivazioni burocratiche. La differenza sta nella mentalita', cioe' nel voler stare all'universita' tra gente di livello elevato, nel voler risolvere i problemi possibilmente subito e meglio da soli per poter lavorare in modo piu' efficiente, in uno spirito naturale di competizione invece che di imitazione.

Anglosassoni

Date: Fri, 12 Nov 1999 13:59:01 +0100 (CET) From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX On Fri, 12 Nov 1999, [...] wrote: [Non e' cosi'. E' un'illusione sperare in incentivazioni burocratiche. La differenza sta nella mentalita', cioe' nel voler stare all'universita' tra gente di livello elevato, nel voler risolvere i problemi possibilmente subito e meglio da soli per poter lavorare in modo piu' efficiente, in uno spirito naturale di competizione invece che di imitazione.] > Ne deduco che, secondo ... Josef Eschgfaeller noi italiani abbiamo > una mentalita' intrinsecamente "diversa" e pronta all'accettazione > della bassa qualita' accademica, della corruzione, etc. Deduci male. Questo lo dicono piu' gli italiani. Dicevo invece che non si risolvono mai i problemi piu' semplici, perche' si vuole sempre che qualcun'altro li risolva. L'universita' italiana e' anche molto eterogenea, tra sindacalisti da un lato e professori che non studiano e in altri paesi verrebbero buttati fuori, non si capisce mai niente. Anche la riforma prospettata dal ministro (due ruoli unici invece di uno - per soddisfare tutti :-), tenendo saggiamente fuori i giovani che di fronte a 6+3 scalini da 4 anni per far carriera dopo un indefinito tirocinio staranno alla larga dalla carriera accademica) e' una conseguenza di questa confusione. Sicuramente non si premiano le nuove idee, le iniziative. Si ostacola l'efficienza in molti campi. Mica tutti son cosi'. Tra i giovani ci sono molti che hanno ancora entusiasmo, lavorano con passione e riescono ad appassionare altri. Ma ci sono anche spaventosi opportunisti. E le strutture tecniche e culturali sono tali che manca quell'input che permette di lavorare per scopi un po' piu' grandi. Le gratificazioni nei paesi anglosassoni, a cui tu ascrivi il miglior funzionamente delle loro universita', consistono piu' nel fatto che e' piu' facile rischiare. Si reagisce diversamente, quando perdere un lavoro significa solo una pausa creativa e la possibilita' di trovarne uno migliore. Non so se in Italia esiste piu' corruzione che altrove - leggendo i giornali non sembrerebbe. I soldi piacciono ovunque. C'e' invece una fortissima passivita', una rassegnazione anche di fronte a prepotenze che, almeno in ambito accademico, delle volte si potrebbero spazzare via con due o tre persone che hanno il coraggio di protestare. Se vogliamo parlare di differenza tra mentalita' nazionali, e' sicuro che gli anglosassoni hanno piu' inclinazione al rischio.

Lettori di lingue

Date: Wed, 17 Nov 1999 13:39:14 -0500 (EST) From: Josef Eschgfaeller On Wed, 17 Nov 1999, [...] wrote: > INVIO NUOVAMENTE NON AVENDO AVUTO RISPOSTA PRIVATA Ah, scusa, sono diventato un po' spartanico. Dopo 6-7 anni di Internet ... > questo vuol dire che non posso lavorare da casa ma solo all'universita'. Penso che si aggiusta facilmente. Se non riesci a impostare il programma di mail che usi da casa puoi sempre chiedere a [...] di iscriverti anche come [...]. > mi sono convinto che nella mitica "terza fascia docente" di cui si parla > nel nostro articolato potrebbe essere morale tentare di inserire anche > i lettori di lingua madre straniera. Mi sembra che anche quelli si sentono maltrattati. In verita' sono abituati che all'universita' non si ha cosi' facilmente un posto a vita, ma si aspettano giustamente di essere coinvolti di piu' nella programmazione delle attivita' (ad es. allestimento dei laboratori linguistici) e forse anche un po' di piu' dal punto di vista umano. Io invece sono professore associato, anche se proprio quest'anno sto facendo lezioni di tedesco a una studentessa Erasmus che vuole andare in Austria. Ho anche la cittadinanza italiana e ho studiato matematica a Vienna (ho visto che sei di meccanica), pero' faccio piuttosto informatica da molti anni. Il calo di studenti a matematica qui ci ha colpito parecchio (10 iscritti al primo anno) e la confusione sul piano didattico e' ancora peggiore che su quello dello stato giuridico. > e' per ora un'idea mia, che in ogni caso dovra' essere democraticamente > vagliata dalla mia Consulta Come vedi, non sono la persona giusta. In generale direi che il problema attuale una volta tanto non e' nemmeno "tipicamente italiano" (lo e' invece sicuramente la situazione in cui ci si e' messi). Ricerca, invenzioni, anche didattica ad alto livello (per insegnare bene, la maggior parte del tempo uno la spende studiando, mica in classe), sono in qualche modo attivita' di confine delle possibilita' umane (mi concedo questa immodestia solo tecnica), e quindi non possono essere regolamentate troppo. Le invenzioni non si possono programmare, e anche la didattica ognuno la deve fare con il sistema che piu' gli e' congeniale. E' vero che ci sono pessimi insegnanti che fermano un intero corso di laurea, ma con un sistema di rotazione degli insegnamenti e con piani di studio meno grotteschi e meno strumentali anche un cattivo insegnante causerebbe meno danni. Dicevo che non e' un problema italiano, intendendo che politici, sindacalisti, casalinghe (tra cui ci sono - anche - brave persone), ma anche un certo tipo di manager, a livello universitario o anche di ricerca avanzata industriale propongono metodi che non possono essere adeguati. All'universita' ci vogliono buoni gruppi di lavoro, anche con un capo, ma uno che rispetta i suoi collaboratori, che lavora anche per loro, non uno che, in una specie di reciproco ricatto gli promette di farsi forte per un loro avanzamento di carriera, ma un capo che ha l'ambizione che chi lavoro con lui impara tante cose che la carriera poi la fa automaticamente. E che insegna anche che nella scienza la carriera non dovrebbe essere cosi' importante, se e' garantita la dignita' (30 anni fa un assistente universitario aveva una bella reputazione) e l'atmosfera e' gratificante scientificamente e umanamente.

Caso Aliaga

Date: Mon, 26 Jun 2000 12:08:18 +0200 From: Josef Eschgfaeller To: unilex@list.cineca.it Subject: Democrazia Ho riletto la piu' vecchia mail di Aliaga che ho, del 1997. Allora gli davo piu' ragione di oggi, probabilmente perche' mail sempre uguali danno l'impressione che qui non si conclude niente. Pero' rileggendo quella mail impressiona sicuramente il gran numero di persone di alto livello accademico (togliamo i politici e i giornalisti) che si sono messi dalla sua parte. Quindi, almeno da parte di chi vive nel Nord America, ci sono forse alcuni punti da rilevare: (1) Sorprende (un americano, intendo) quanto poco effetto fanno prese di posizione pubbliche di docenti universitari di un certo rango. Naturalmente in genere appelli di professori francesi negli USA non so che effetto facciano. Il confronto Italia-USA poi mi sembra proponga un groviglio di considerazioni che non riesco ad affrontare. (2) Io in questo momento non ho nessuna opinione affidabile sul caso Aliaga. Pero' il principio dovrebbe essere questo, e qui leggermente mi distacco da alcuni pensieri espressi in questa lista: Puo' sbagliare metodo, e' vero, ma la cosa piu' importante e' capire, se ha ragione o se ha torto. Se ha subito un danno, bisogna aiutarlo. (3) Quindi Aliaga ha il dovere di dimostrare meglio la sua causa (ma vedi punto 4), e spiegare per esempio perche' in tutti questi anni, e con tutto quel supporto che sembrava avere, non e' riuscito a ricostruire la sua carriera in Canada. Se pero' ci sono veramente colpe da parte dell'amministrazione pubblica italiana, deve essere chiaro che lui ha il diritto di continuare la sua lotta (pero' vedi sempre punto 4). Alcuni suoi commenti sono sicuramente quasi offensivi e di cattivo stile, anche perche' rivolti a persone che a lui torto non hanno fatto alcuno, ma rimane sempre la sorpresa (amara si direbbe in italiano) di vedere, che in Italia non e', come altrove, utile cercare di coinvolgere altri per una protesta pubblicamente supportata. All'estero con democrazia si intende questo. Che poi anche li' comandano i politici e' un'altra cosa. Ma uno puo' mettersi contro l'amministrazione pubblica o il governatore e non si trova biasimato per questo anche da quelli che con l'amministrazione o il governatore dicono di non andar d'accordo. (4) Solo che: in questa lista non ci sono, mi sembra, influenti politici o giornalisti, che possano cambiare le ingiustizie o addirittura intervenire nelle insufficienze di procedure amministrative di nove anni fa. Quindi la lista puo' farsi un giudizio (ma non abbiamo avuto molti nuovi elementi) e non fare i soliti Ponzi Pilati, pero' non dovrebbe essere utilizzata per sfoghi inutili. (5) Ci sono due cose necessarie all'universita' italiana: obiettivita' e coraggio. L'obiettivita' e' necessaria perche' uno deve sapere per cosa lotta e deve anche vedere le cose in un quadro un po' piu' generale, e il coraggio, perche' talvolta bisogna anche dire quel che si pensa. je --------------------------------------------------------------------- Ho avuto in seguito a questa mail da Aliaga copia di una lettera recente da parte dell'associazione canadese dei docenti universitari al ministro Zecchino. Aliaga attualmente lavora come consulente informatico, non avendo potuto continuare la sua carriera universitaria anche perche' l'amministrazione italiana non gli ha nemmeno inviato i documenti riguardanti il suo curriculum. Canadian Association of University Teachers February 24, 2000 Professor Ortensio Zecchino Minister of Italian Universities M.U.R.S.T Piazza J. F. Kennedy, 20 Rome, 00144 ITALY Dear Professor Zecchino: Re: Mr. David Aliaga As President of the Canadian Association of University Teachers (CAUT), I am writing on behalf of the 30,000 university teachers, academic librarians and researchers that our organization represents. The purpose of this letter is to express our continued concern over the case of Mr. David Aliaga. Mr. Aliaga is a Canadian citizen who enrolled as a candidate for the title Dottore di Ricerca in the Ethno-Anthropology program at the University of Calabria. Although Mr. Aliaga completed the requirements of the program, his examination committee, utilizing what appears to be rather unusual procedural practices, rejected his candidacy for the title of Dottore di Ricerca. On September 29, 1998 we first expressed our concerns in this matter in a letter to your office. At that time, we urged the then Minister of Italian Universities to use his good offices to ensure that: i) an appeal process is established to review the decision to deny Mr. Aliaga's candidacy for the title Dottore di Ricerca; ii) the documents Mr. Aliaga has requested respecting his academic record at the University of Calabria be inmediately forwarded to him; and iii) a suitable apology and financial compensation be provided to Mr. Aliaga. Our understanding from Mr. Aliaga is that none of these steps has ocurred. While he informs us that an ad hoc committee of the Italian National University Board did conduct an examination of the matter, this examination did not constitute a genuine review of the case. For example, Mr. Aliaga indicates that he was never personally consulted by the committee. As such, Mr. Aliaga continues to find himself unable to access a real form of appeals process with regard to to the denial of his PhD credentials. Moreover, Mr. Aliaga remains unable to secure a copy of his academic trancripts. This refusal to provide Mr. Aliaga with an account of his course work and final results has left him in professional limbo. The lack of a record of his academic achievements at the University of Calabria in Italy has harmed his ability to pursue further studies. In all this circumstances, we continue to urge you to seek resolution to Mr. Aliaga's long standing grievances by: a) establish a genuine appeal process to review the decision to deny Mr. Aliaga's candidacy for the title Dottore di Ricerca; b) ensuring that his academic record at the University of Calabria be inmediately forwarded to him; and c) providing him with an apology and compensation for the difficulties he has endured. Thank you for your attention to this matter. Sincerely, William Graham President cc: Mr. David Aliaga, James Turk, Executive Director, CAUT, Paul Jones, Robert Leger.

Dottorato e mestiere

Date: Mon, 26 Jun 2000 12:06:59 +0200 From: Josef Eschgfaeller To: unilex@list.cineca.it [...] wrote: > E' diverso per la ricerca? > Non e' un mestiere che bisogna imparare a fare anche quello? > Non e' un mestiere con le sue regole, i suoi metodi? Anzi, forse e' il > mestiere al mondo in cui IL METODO ha la massima importanza.... > La ricerca e' un mestiere che si impara con anni di pratica, sotto una > guida qualificata, all'interno di un gruppo che funziona. > Esiste un percorso di formazione specifico per imparare a fare questo > mestiere e questo e' il dottorato. Alcune obiezioni, piu' generali che polemiche: (1) All'estero molte valutazioni vengono fatte dalle commissioni stesse, non a priori nelle condizioni di ammissione. E' una differenza fondamentale con il sistema italiano. Se una persona partecipa a un concorso universitario, non ha ne' dottorato di ricerca ne' PhD ne' simile, e tutti gli altri ce l'hanno, allora la commissione in genere lo passera' in coda alla classifica. Ma ha (all'estero) anche il dovere di valutare se il candidato ha fatto altre cose, che possono sostituire il dottorato, ad esempio una lunga esperienza nell'industria e importanti brevetti. (2) Perche' il dottorato di ricerca da un po' di tempo serve solo nella carriera universitaria? Un PhD (americano o europeo) in chimica dimostra che uno sa fare ricerca in chimica, quindi puo' essere qualificante soprattutto per entrare nella aziende chimiche o farmaceutiche. (3) Il dottorato prepara alla ricerca? E' una formulazione un po' infelice, mi sembra. In genere il conseguito dottorato dovrebbe dimostrare che una persona ha gia' fatto una ricerca autonoma e originale. Dimostrato questo, uno puo' anche decidere di fare altre cose. Ma l'azienda o l'ente che lo assume, sa con che tipo di persona ha da fare. (4) "Gruppo che funziona" - c'e' sempre il pericolo che basta appartenere al gruppo per far carriera. Tra l'altro gruppo e autonomia/originalita' sono un po' in disaccordo, per questo all'estero, almeno in alcuni campi, si e' molto severi sul chiedere che il candidato lavori da solo. (5) Anche il "metodo" e' pericoloso. La ricerca consiste spesso nel cambiare metodo. Cio' e' difficile dappertutto, ma in particolar misura in Italia, dove spesso il compito principale di un docente universitario viene visto nel contribuire al sopravvivere di un tale metodo (cioe' del gruppo che si vede come suo detentore).

La legge

Date: 11 Feb 2002 10:02:49 +0100 From: Josef Eschgfaeller To: unilex@list.cineca.it Subject: Ope legis [...] wrote: > Le leggi si fanno per prevenire ed arginare, nei limiti del possibile, > i possibili abusi di chi le attua male, e non basandosi sulla certezza > che siano sempre applicate bene. Non e' cosi', non vale nemmeno per il codice penale di cui speriamo che la legislazione universitaria non faccia direttamente parte. Le leggi hanno lo scopo di dare una base di regole per il comportamento dei componenti dello stato su cui possono essere basate in caso di conflitto le decisioni dei giudici.

Morte di Vietoris

Date: Fri, 12 Apr 2002 19:34:11 +0200 From: Josef Eschgfaeller To: Bacheca del Dipartimento Matematico Subject: Non ce l'ha fatta Alla Bacheca del Dipartimento Matematico Alla lista universitanuova@www.unife.it Al Rettore dell'Universita' di Ferrara Al Preside della Facolta' di Scienze Quando il 5 gennaio di quest'anno a 113 anni e' morto Antonio Todde, allora l'uomo (maschio) piu' vecchio del mondo, le speranze di arrivare in vetta del matematico Leopold Vietoris (110) erano diventate concrete. Purtroppo non ce l'ha fatta. E' morto ieri a Innsbruck (la sua abitazione si trova vicino al bellissimo ponte di legno sull'Inn poco distante dal trenino bruco che porta alla Hungerburg), poche settimane dopo la morte della moglie (100). La topologia di Vietoris e' ancora oggi importante ad esempio nella costruzione di frattali e nell'elaborazione delle immagini. Anche la successione di Mayer-Vietoris e' ben nota. Ma Vietoris si e' dedicato soprattutto alla matematica tecnica e forse per questo a Innsbruck esistono ancora matematici che studiano le funivie e i ghiacciai. Si racconta che era uno dei migliori insegnanti che Innsbruck abbia mai avuto. Nel numero 103/3 (2001) del Jahresbericht DMV, che per ragioni misteriose non abboniamo piu' anche se costera' circa 50 Euro all'anno, e' pubblicato un articolo di Heinrich Reitberger sul teorema del punto fisso di Vietoris-Begle e il suo utilizzo nello studio di punti fissi e di equilibrio di funzioni a piu' valori tipiche dell'economia matematica e della teoria dei giochi (ad esempio ad una situazione x si puo' associare l'insieme R(x) delle merci richieste nella situazione x, ottenendo quindi una funzione i cui valori sono insiemi). Le idee di Vietoris sono sempre allo stesso tempo molto astratte e concrete e avanti ai suoi tempi. Cosi' nel teorema di punto fisso considera l'omologia del grafo di una relazione. Riporto alcune altre note da questo articolo che si trova in formato .pdf (e in tedesco) anche con http://mathematik.uibk.ac.at/vie.pdf Recentemente S. Park (Acyclic versions of the von Neumann and Nash equilibrium theorems - fixed point theory with applications in nonlinear analysis. J. Comput. Appl. Math. (abbiamo sicuramente disdetto l'abbonamento) 113 (2000), 83-91) ha generalizzato alcuni di questi teoremi nel modo seguente: Siano X uno spazio topologico compatto, Y un sottoinsieme compatto convesso e non troppo irregolare di uno spazio vettoriale topologico, f:X x Y -> R (reali) un'applicazione continua. Per ogni x0 in X e ogni y0 in Y gli insiemi {x in X | f(x,y0) = max {f(t,y0) | t in X}} e {y in Y | f(x0,y) = max {f(x0,t) | t in Y}} siano aciclici. Allora max min f(x,y) = min max f(x,y) dove i max vanno sugli x in X e i min sugli y in Y. Per casi speciali di questo teorema Debreu nel 1983 e Arrow nel 1972 hanno preso il premio Nobel per l'economia; il Nobel nel 1994 a Nash e' stato conferito anch'esso per un caso speciale di questo teorema. Nel nostro 60 percento quest'anno non e' stata bocciata anche la teoria dei giochi? Se avessi la casa piu' grande (100 mq piu' balconi sono pochi per 3000 libri) e non avessi dovuto vendere 500 libri di matematica alcuni anni fa perche' le commissioni del 60 percento mi danno cosi' pochi fondi anche quando presento i progetti piu' belli, adesso ritroverei alcuni riferimenti bibliografici in piu' (sotto nell'armadio dietro gli altri libri o nella storia della topologia di Dieudonne' che l'antiquario Saendig avra' gia' venduto). Come ho osservato due giorni fa in facolta' di scienze, la decisione di assegnare l'importo completo proposto dalle commissioni 60 % solo a chi ha gia' altri fondi, presenta aspetti di ingiustizia (e di amplificazione di ingiustizia, se adesso alcuni prendono i fondi completi, gli altri meno del 2/5) ovvi e aspetti di non legittimita' che ho cosi' evidenziato: (1) Questione della legittimita' di un'attribuzione dei fondi secondo criteri che non erano noti alla commissione, falsando in questo modo le intenzioni e le valutazioni delle commissioni stesse. (2) Le disposizioni di legge vigenti prevedono che ogni docente possa accedere ai finanziamenti; queste disposizioni diventano una presa in giro se per la mancanza di senso di collegialita' delle commissioni (max = 7200 e min = 1200 Euro sono differenze troppo grandi che con le ultime disposizioni diventano max = 7200 e min = 465) e ridefinizioni da parte degli organi universitari i fondi vengono effettivamente sottratti. Dettaglio a parte, di cui non posso incolpare ne' le commissioni ne' il rettore: Cosa devo pensare di quei tre elitari che prendono 5723 Euro a testa e hanno escluso una collega dalla propria domanda, una collega che da piu' di vent'anni ha lavorato come pochi e adesso su 36 docenti in dipartimento e' l'unica con addirittura 0 Euro?

Un giorno solo

Date: Fri, 12 Apr 2002 19:34:11 +0200 From: Josef Eschgfaeller To: universitanuova@dns.unife.it Subject: [Universitanuova] Un giorno solo Siccome [...] vuole scrivere una lettera ai giornali di Ferrara (vedi sotto), ho pensato che qualcosa potrei scrivere anch'io su questa lista con il bellissimo nome universita' nuova (e p.c. al flug e al preside scienze), sui mali di questa universita' raccolti in un unico giorno, il 5 luglio dell'anno 2002. *** Studente A sulla conferenza di Hofstadter (oggi al matematico): > Grandissimo ... vi dico solo che sono andato con il libro > da autografare e poi li' ne ho comprati altri 2 ... tutti > autografati naturalmente! Studente B sulla conferenza di Hofstadter: > a me viene tristezza pensando cosa faccio io nel mio dottorato > e cosa fanno invece i suoi dottorandi.... *** Preside scienze (spunti per la facolta' di mercoledi' prossimo): > Infatti, dopo le 3 posizioni di idonei "a costo zero" discusse ed > approvate in precedenza Quindi nella facolta' di scienze viene promosso chi costa poco. Ma non sarebbe allora ancora piu' efficiente e redditizio promuovere chi paga per la cattedra? A parte che per quanto mi ricordi sono stati approvati due dei tre posti e il principio generale e' stato molto criticato - infatti e' vergognoso e immorale (*) - e difficilmente si puo' parlare di approvazione. (*) Ieri in un poliziesco USA un'insegnante prima e' stata violentata da un bruto, poi quel bruto e' stato catturato con l'aiuto di un allievo di quell'insegnante, infine hanno scoperto che lei a quell'allievo che era scarso a leggere aveva un po' abbellito i voti, al che il capo della polizia in conclusione le ha prospettato 1-2 anni di galera per falso in atto pubblico. Preside scienze (stessi spunti): > Contratti [di insegnamento]. Rispetto ai 250 milioni dell'anno > passato ne abbiamo avuti 120. > la quota maggiore delle ore e' stata data per Informatica. Allora, il sottoscritto, secondo un personalissimo modesto (e arrabbiato) parere il miglior informatico della facolta' di scienze (almeno so una quindicina di linguaggi di programmazione), da anni chiede invano di poter tener dei corsi nel cdl di informatica. Ovviamente costerebbe un contratto in meno. Tra l'altro mi e' anche passata la voglia. In verita' quest'anno ho fatto un trimestre di logica per gli informatici del terz'anno, ma in un trimestre riesco solo a fare una minima parte. Inoltre gli studenti non hanno la preparazione formale adeguata, perche' i piani di studio sono casuali e strumentali. *** Studentessa Erasmus dalla Spagna (mail di oggi): > Sicuramente questa e' stata una delle esperienza piu' belle della mia > vita, e' stato interessante il confronto con un' altra cultura e > studiare in una universita' organizzata in maniera molto differente > dalla nostra. *** Sempre di oggi: Non ci avevo mai pensato, ma quando discutiamo (nella nostra e in altre facolta') l'istituzione di tutti questi master, non si parla mai di quanto li facciamo pagare agli studenti. Infatti non sono potuto andare alla conferenza di Hofstadter perche' veniva [...]. Dopo mi ha chiesto 30 euro di anticipo per poter fare la spesa per il fine settimana, perche' da un lato il suo datore di lavoro (altro ente pubblico) e' indietro con i pagamenti e con sua figlia e' stata cosi' ingenua di iscriverla a un master dell'universita' di Ferrara: 3 milioni di lire per alcuni mesi di "informatica" giocattolo. Ma non e' una truffa? *** Ultima osservazione: Nella facolta' di scienze non discutiamo mai del miglioramento dei piani di studio, del ritorno ai semestri (dividere tutto in briciole, ad esempio trimestri, permette forse una piu' agevole distribuzione ai fini dei piccoli interessi, ma poi come si ricompone il tutto?), dell'introduzione delle nuove discipline (ad esempio bioinformatica), oppure, se vogliamo andare sul politico, del ruolo dei professori - ma che professore universitario sono se insegno due corsi trimestrali all'anno, se non solo non ho piu' nessun controllo sull'organizzazione del mio corso di laurea, che deve essere efficiente e responsabile (sic !!!), ma quasi nemmeno piu' sui corsi che tengo, oppure dello stato dei laboratori, ma sempre e solo comunque su come usare l'autonomia universitaria per tener lontani indesiderati concorrenti esterni o pericolose discipline nuove? E la fantasia non fa parte degli ingredienti della vita universitaria? Non ha la facolta' di scienze qualche anno fa deliberato addirittura che quando si libera una cattedra il successore dovra' essere scelto nella stessa disciplina? E poi ci si meraviglia che a matematica non troviamo studenti, che questi matematici quando si laureano hanno fatto un solo corso di statistica e neanche uno di calcolo delle probabilita', che l'informatica e' trent'anni indietro, che gli studenti trovano meravigliosa la Spagna. *** Tutto collegato direi.

Risposta

Date: Mon, 8 Jul 2002 10:00:00 +0200 From: [Un prof. ord. di matematica] To: dip@dm.unife.it Cc: v21@dns.unife.it Subject: Re: [Universitanuova] Un giorno solo Mentre in Dipartimento si sta ricreando un clima di ritrovata concordia con atteggiamenti non faziosi il prof Eschgfaller reintroduce elementi di divisione ripetendo vecchi errori. Devo in particolare ricordare che per gli idonei il 'costo zero' e' un valore aggiunto (se mi si passa il bisticcio): si tratta di docenti il cui valore scientifico e' dimostrato, che si sono sottoposte ad un giudizio nazionale comparativo fuori sede e l'hanno superato con successo, che sono nella programmazione dei Dipartimenti e della Facolta', e che per essi i Dipartimenti e le Facolta' si sono pronunciati a favore della chiamata. E' poi strano che il prof. Eschgfaller se la prenda tanto con una categoria nella quale, se non avesse interrotto la sua produzione scientifica e si sottoponesse al giudizio della sua comunita' ottenendo l'idoneita', apparterrebbe egli stesso. [Firma] [Ho osservato a questo punto che ogni promozione crea una disuguaglianza tra persone e quindi il costo zero a mio avviso non dovrebbe nemmeno poter apparire in un verbale di facolta'. je]

Cubi

Date: Thu, 11 Sep 2003 10:02:36 +0200 (CEST) From: Josef Eschgfaeller To: Universita' Nuova Subject: [Universitanuova] Impressioni Ieri sono stato ad ingegneria ed ho avuto due impressioni, l'una normale e l'altra sconcertante. L'impressione normale era che fermandomi a guardare un loro corso o precorso ho guardato con invidia quanti studenti loro hanno. Penso che ad ingegneria sia facile avere 50-100 studenti o piu' nel proprio corso. Siccome noi a matematica invece di matricole ne abbiamo 10, questo dovrebbe far riflettere quei matematici di ingegneria che vogliono migrare nel corso di laurea in matematica che in questo modo rischiano di rubarci i nostri pochi studenti e rendere quindi poco gratificante il nostro lavoro. Forse il ccl in matematica potrebbe deliberare che i docenti di ingegneria complessivamente non possono tenere piu' di due moduli a matematica. Sarebbe molto piu' sensata una migrazione da matematica a ingegneria, dove probabilmente ci sarebbe invece bisogno di nuovi docenti e anche di nuovi corsi. Ho parlato con un giovane associato di ingegneria, quello ha studiato a Bologna e ha un'ottima formazione in matematica, anche nei concetti astratti. Significa che un tale ingegnere e un matematico possono collaborare con grande facilita'. Quindi migliorare la preparazione matematica degli ingegneri sarebbe un buon investimento per entrambe le parti. L'impressione sconcertante era invece che gli studi che avremo al cubo sono ancora piu' miseri di quanto pensassi. Nemmeno le finestre sono decenti. Credo non sarebbe difficilissimo dimostrare all'ufficio di igiene edilizia dell'USL o all'ufficio ambiente che li' non ci si puo' abitare; esistono disposizioni che richiedono, probabilmente anche per l'ambiente di lavoro, un minimo di metri quadri e di aerazione. In ogni caso questo giovane collega era cosi' depresso del suo studio che non mi ha nemmeno voluto ricevere li', e siamo andati a parlare in una cosiddetta aula per le riunioni, dove c'era un po' piu' di spazio ma praticamente si parlava in corridoio. Che studi fatti cosi', dove uno non puo' nemmeno ricevere un collega, offendono la dignita' di un docente universitario, sembra non abbia preoccupato chi li ha ingegnati. O hanno fatto apposta? Forse (noi matematici) potremmo anche ripensarci e rimanere dove siamo. Sto leggendo il racconto di una coppia di tedeschi che negli anni 90 hanno costruito una casa abusiva nei pressi di Roma e si sono difesi, con l'aiuto dei vicini, da un ordine di demolizione. Ho imparato tra l'altro che almeno i vigili normali non possono portar via le persone, e che questo in ogni caso e' una cosa molto delicata. Quindi se io mi siedo nel mio studio e dico che da qui non mi muovo, i vigili italiani non mi possono toccare. Le probabilita' di poter rimanere aumentano di molto se si fa vedere che la propria dimora e' abitata, quindi se nei nostri studi mettiamo qualche televisore, fiori, un frigorifero, un fornello, un lettino (sotto la scrivania o appoggiato al muro), non possono piu' portarci via. E in ogni caso il nostro dip non e' abusivo, mentre i cubi direi di si'. Credo veramente che non abbiano rispettato parecchie disposizioni di legge e quindi potrebbero essere anche demoliti.

Pensione

Date: Wed, 20 Oct 2004 18:44:42 +0200 From: Josef Eschgfaeller Reply-To: UNILEX - Legislazione Universitaria To: UNILEX@LIST.CINECA.IT [...] wrote: > una volta che uno ha maturato il diritto al massimo della pensione Perche'? Lo scopo della vita e' la pensione? Ci sono un po' troppe gomitate nell'universita' italiana. Ho appena letto il verbale della nostra facolta' di scienze; nella delibera riguardante possibili agitazioni si invitano i docenti a spiegare agli studenti le cause ecc. Ma se ognuno ha una causa sua? Io invece cerco di spiegargli a cosa servono le nostre lezioni, perche' devono studiare la mia materia, come e' fatto il corso di laurea, problema a mio avviso almeno altrettanto importante, dove si riesce a far poco perche' incollato a interessi che con la didattica non c'entrano niente. Al primo anno ogni studente mi deve fare un seminario (qui sono pochi). Ho visto che i temi generali (la professione del matematico, il corso di laurea in matematica, due giovani matematiche a Harvard - ma di origine europea - che si occupano delle applicazioni della matematica in medicina) sono i piu' richiesti. E' meglio che non sappiano che idee confuse ha una parte del corpo docente universitario. Per quanto riguarda l'argomento della pensione, c'e' chi dovrebbe andare a pensione gia' a 40 anni e ovviamente allora si aspetta tutti e giustamente che se ne vada (pero' non c'e' nessuna correlazione tra inutilita' e desiderio di andarsene). Chi e' bravo e utile a 40 anni invece, se non ha problemi di salute, lo sara' anche a 70. In fondo ha passato altri 30 anni a studiare.

Storie

Date: Mon, 25 Oct 2004 12:14:54 +0200 From: Josef Eschgfaeller Reply-To: UNILEX - Legislazione Universitaria To: UNILEX@LIST.CINECA.IT [...] wrote: > per riavere una universitas degna contemporaneamente di > platone e della scienza sperimentale tocca aspettare > la vecchia talpa. La percezione dei vecchi tempi e' sempre terribilmente falsata quando diventa oggetto di considerazioni teoriche. Quando disponibili, si impara molto di piu' dai testi originali o da fotografie. Comunque, c'era qualche contadino piu' felice (ma se gli moriva il bestiame andava a fare il bracciante), di giorno vedevamo piu' verde e la notte meglio le stelle. Per il resto non mi mancano ne' le fabbriche, ne' la medicina ne' la legislazione universitaria di altri tempi. Pero' la mia risposta e' provocata dall'uso eterno della parola aspettare. Le leggi non sono cosi' importanti e non sono migliori in altri paesi e ancora meno c'e' il bisogno di trasferire cio' che va (o non va) bene in un paese a un altro. In parte il male che voi ascrivete al ministro Moratti e' un'impostazione generale dei burocrati dell'UE ed e' un male proprio per quello, quindi cosa volete copiare? Ogni anno si iscrivono all'universita' nuovi studenti, pieni di speranze e con una voglia di studiare che in molti colleghi non vedo assolutamente. Lavorare con questi studenti e' la cosa piu' efficiente e gratificante che possiamo fare. Se poi si riuscisse a considerare l'universita' come una sola tra molte possibilita' per svolgere un lavoro ad alto livello e alcuni cervelli invece di fuggire dalla realta' si avvicinassero al mondo industriale riportando alla decenza l'industria italiana (che non era di cattivo livello fino a quarant'anni fa), allora la societa' e la sua economia e anche l'universita' ne avrebbero solo vantaggi.

He and she I

Date: Sun, 1 Oct 1995 17:15:38 +0100 Sender: Women's Studies List From: Josef Eschgfaeller Subject: Re: Gender-neutral terminology On Sun, 1 Oct 1995, [someone] wrote: > perhaps it's time to come up with gender-neutral language for renegades, > who are basically cheating not their ex-spouses (or The System) but their > children. In my opinion it is not the he/she everywhere which is important in the language. If one does not think too much about it, there is no implication in it, when one says "the reader ... he", it's simply an abstract reader. I have much to do with female students, and there are many differences in the use of language, for example, males like more the jargon, females more the content. I think women are much more at ease with language, so they do not feel any need for special words or constructions. Therefore on the language level one should concentrate on eliminating all those male-made special "professional" jargons, which often exclude women from certain activities (math, computer science, politics). In any case, barriers usually generate wars, and as too much emphasis on the own native language has been the cause of many bloody conflicts, creating a male language and a female language would lead to a war and lack of communication between the genders. Finally I think that on a certain level there are no differences between males and females, if not artificial ones. There is no female math against a male math, only a male mathematical language, a male priority in the choice of research themes, a male aggressivity perhaps, but the mathematics is the same. When my female students have enough input and motivation, they are as good as the male ones. I cannot find differences on the intellectual level (probably such differences cannot even exist, because I think that the logical mechanisms are elementary and rather the same for every being on the same level of complexity). A point is perhaps that women scientists usually do not like to impose an own language or an own scientific school, and therefore they find themselves often obliged to stick to the language and projects of other people.

He and she II

Date: Sun, 1 Oct 1995 19:51:17 +0100 Reply-To: Women's Studies List Sender: Women's Studies List From: Josef Eschgfaeller Subject: Re: Gender-neutral terminology In-Reply-To: <199510011724.MAA29254@sunset.backbone.olemiss.edu> On Sun, 1 Oct 1995, [someone] wrote: > _he_ is necessarily established as a "he." Would you be able to achieve the > same level of abstraction if the line were written "The reader ... she?" This is a difficult point for me, because my mother language is German, where the grammatical gender is determining. For example "die Wache" (the sentinel) is female, and speaking about I would continue with "she". "Das Kind" (the child) is neutral, and I have to continue with "it". Also "das Fraeulein" (the unmarried woman) is neutral and I speak about "it"! "Die Person" (the person) is always female and has to be referenced at with "she". Italians have a determining grammatical gender too, but sometimes they are surprised when I say "il tuo bambino", which means for them a male child, when I simply translate the neutral "Kind". For me for example it sounds strange that in English (almost?) all non-persons are neutral, e.g. the cat is "it", in German it is a "she", but I have no difficulty with "das Pferd" (the horse), which is neutral also in German. I have a much better opinion about horses than about cats. And in German "der Wurm" (the worm) is a "he" and simply I cannot say "das Wurm". In Italian there are "il leone" (the lion), which is male, and "la tigre" (the tiger), which is female. Josef Eschgfaeller University of Ferrara

He and she III

Date: Mon, 2 Oct 1995 01:34:16 +0100 Reply-To: Women's Studies List Sender: Women's Studies List From: Josef Eschgfaeller Subject: Re: Gender-neutral terminology In-Reply-To: <01HVXNN63X3M001MPY@rhodes.edu> On Sun, 1 Oct 1995, [someone] wrote: > The women usually agree that they feel excluded when the "abstract > _he_" is used in teaching, newsreporting etc. I agree that if women feel that way one has to take it into account. But language is also a custom, and without a certain sensibilization the common technical or abstract terms are not misunderstood. If I define "A student is a male or female person who is learning at a school", after this, at least in language with grammatical gender, I have not more to bother about the gender of the word. Languages are complex systems, and one cannot change so easily their internal connections. Speaking of a woman, I would always say "die Beamtin", but speaking in general I find it only clumsy to speak of "die Beamten und die Beamtinnen", and not only from a linguistic point of view. In fact this explicit specification puts an emphasis on gender which implies that in the opinion of the speaker there is a difference in being a male or a female "Beamter" (official, officer). It's too much time I live in Italy, so I cannot say how "die Studentinnen und die Studenten" sounds in Germany now, but my Italian students (mostly female) would find it rather strange if one would speak of "le studentesse e gli studenti", for the reason I said before. And they are very female and conscient of being it. I think really it's a problem for linguists more than for feminists. Each language has its own rules and perhaps one has to examine each single word and term in order to come to a satisfying result. For example the "ministro" (secretary of state) in Italian has no commonly used female counterpart, but is in fact not felt as abstract and gender neutral. Therefore this is a case where really we have a term which designs a male person, and where the (according to the dictionary possible) female expressions "ministra" or "ministressa" are almost never used. It is certainly an important problem, but one should try not to loose too much of the power and flexibility of natural languages, which are also in this respect very different from each other and which are provided with abstract tools and constructions which perhaps should better remain gender-free. Josef Eschgfaeller Mathematics Department University of Ferrara

Dove la matematica vive

Date: Tue, 3 Jul 2007 11:02:41 +0200 (CEST) From: Josef Eschgfaeller To: dip Subject: [dip] Proposta di discussione Parts/Attachments: Mi permetto un'ulteriore disquisizione sull'impostazione dei corsi di matematica, ricordando comunque che una volta anche a Ferrara questi temi si discutevano molto piu' vivacemente. Negli ultimi anni si e' persa completamente la connessione tra corsi teorici e applicati. Ma la matematica vive della teoria. E la scissione che noi pratichiamo si riflette poi, ovviamente, nel modo in cui gli studenti comprendono la matematica: o non vogliono saperne delle applicazioni, oppure fuggono quando sentono parlare di geometria e algebra o di sigma-algebre. Nei piani di studio e nei nostri corsi dobbiamo sottolineare l'unita' della matematica. Come facciamo a spiegare come si calcola il polinomio di interpolazione di Hermite con il teorema dei residui se gli studenti dell'indirizzo applicato non seguono analisi complessa, e come si vuole fare un corso di calcolo delle probabilita' se non e' preceduto da un corso di teoria della misura? Gli esempio sono innumerevoli. Non dobbiamo meravigliarci comunque che altrove la matematica vive e da noi sta andando in fumo. Vedere http://www.ricam.oeaw.ac.at/ Quando ero studente, non sapevo nemmeno che a Linz esistesse la matematica. E quanto hanno fatto nel frattempo! Josef Eschgfaeller

Rendicontomania

Date: Mon, 24 Oct 2014 03:07 From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria Per far arrabbiare [...] traduco alcune righe di un saggio sulla valutazione, che dovrebbe essere apparso in finnico su facebook (tinyurl.com/p6o83zo) e di cui ho letto la traduzione in tedesco. -------------------------------------------------- "Fino a quando gli universitari sono gente brava, non hanno bisogno di orari di lavoro, progetti scritti o banche dati delle pubblicazioni. Ma quando scompare la moralita', nella comunita' di lavoro appaiono questi meccanismi amministrativi e con la loro apparizione indeboliscono a loro volta la moralita'. Nelle banche dati e nei progetti si scrive questo e quello, affinche' appaia che sia stato fatto qualcosa. Nasce una cultura, dove il fare non conta nulla, il rendicontare invece conta moltissimo. Una cultura senza morale, della decadenza, che uccide la creativita'. Verra' il giorno, in cui l'universita' sara' piena di rapporti e progetti, la creativita' invece morta, e non ci si fara' piu' nulla di sensato." -------------------------------------------------- Aggiungo di mio: (1) Quando si introducono meccanismi di valutazione, bisogna sapere gli obiettivi di una professione. Far fare una corsa sui 400 ostacoli e' selettivo, ma anche nello sport non e' particolarmente utile per selezionare calciatori o ciclisti :-) Un professore universitario dovrebbe formare delle persone e condurle alla ricerca; come fa se e' preoccupato esclusivamente per le proprie pubblicazioni e sempre piu' specializzato e limitato nei sui giudizi? (2) Politici e universitari sbagliano nello stesso modo quando pensano che bisogna ogni 1-2 anni rifare l'universita' (male che deriva anche dallo straripare degli strumenti informatici e dal compulsivo bisogno di profilarsi ad ogni costo). Uno studio universitario dura circa 6 anni e quindi i continui cambiamenti impediscono ogni pianificazione formativa. I politici dovrebbero invece ricreare l'industria - altrimenti dove vanno fisici e matematici che hanno poche prospettive nelle piccole imprese dove forse possono esprimersi gli ingegneri? Bisogna ricreare in Italia l'informatica autarchica, la robotica, l'industria farmaceutica e via dicendo. L'universita' non e' un'impresa e non deve essere gestita come un'impresa, ma deve interagire con le imprese, non in modo servile, ma offrendo alle imprese tecniche superiori, nuove idee, spunti per nuove attivita'. Quindi i politici devono rafforzare le imprese e gli universitari si dovrebbero aprire di piu' a percepire i bisogni e le possibilita' del mondo industriale e economico. Gli universitari invece non devono rivolgersi ai politici per risolvere i problemi dell'universita', ma ripensare il proprio ruolo e riprendere in mano la concezione della formazione superiore. Ci vuole un po' di coraggio e di unita'. Josef Eschgfaeller Ferrara

Nuovi codici di comportamento

Date: Thu, 13 Feb 2014 21:55:00 From: Josef Eschgfaeller To: UNILEX - Legislazione Universitaria [...] wrote: > [Per discutere su questa lista] > dovremo tutti cambiare indirizzo di e-mail E' proprio questo il punto che mostra il cambio (preoccupante per chi, come il sottoscritto, ne ha conosciuto una definizione molto diversa) nei ruoli dell'universita'. Nella concezione tradizionale, in cui sono cresciuto, ognuno di noi era parte e creava una parte delle competenze e anche dell'immagine di un ateneo. Chi aveva una certa autorevolezza esprimeva le sue opinioni e queste poi insieme in qualche modo costituivano la presenza dell'ateneo nell'opinione pubblica. Adesso invece sembra che chi tiene le redini dell'ateneo possa definire da solo in cosa consistono i compiti e l'immagine dell'universita' che e' stato eletto a governare. Vorrei stuzzicare un po' i giuristi: "Le istituzioni di alta cultura, universita' e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato" dice la costituzione (art. 33). Ma puo' cio' prevedere anche regole autonome per salvaguardare l'immagine dell'ateneo e cosa significa ateneo in questo riguardo? A mio avviso, se proprio si pensa (benche' io creda che sia semplicemente l'esplosione dei mezzi informatici e di comunicazione che favorisce sempre di piu' iniziative locali) che sia necessaria una nuova particolare attenzione alle relazioni tra il mondo accademico e il pubblico, allora tali regole dovrebbero essere realizzate tramite regole e leggi dello stato, in modo che non ogni singolo ente abbia le sue regole di comportamento. Non e' assolutamente comprensibile, se non in un ottica di voluta e brutale riduzione del ruolo e delle competenze dei singoli docenti, contraria agli obiettivi dell'istruzione e della ricerca universitaria, che la definizione delle regole che dovrebbero stare alla base dell'espletamento di quelle funzioni, vengano stabilite dai singoli atenei e in piu' con modalita' che rischiano addirittura di isolare ogni tale ateneo nel contesto del comune mondo accademico, essendo invece sostenute dalla nascita di nuove strutture di potere, naturalmente ben accette da chi ne trae guadagno. Facciamo tutti parte del nostro ateneo, e non si puo' accettare un l'etat c'est nous, come si sta attualmente prospettando. Sempre per i giuristi: Perche' ogni ateneo avrebbe il suo codice di comportamento, e non anche ogni regione, ogni provincia, ogni comune? Ma quanti stati nello stato vogliamo? In ogni caso e' assolutamente essenziale che le competenze di controllo che ogni ateneo come ogni comune possono e devono esercitare, non vengano allargate a salvaguardare una molto meno definita "immagine" o le iniziative politiche di strutture di governo che devono rimanere contestabili anche da chi degli stessi enti fa parte. Questo nel negativo. Nel positivo penso che sia necessario che tutti, dai collaboratori piu' semplici ai rettori e ai responsabili politici, riflettano un po' su quali debbano essere i compiti di un ateneo. Questi compiti non si possono limitare e ridurre al finanziamento, alle carriere, ai grandi o piccoli poteri personali. Josef Eschgfaeller Ferrara

Saper definire l'eccellenza

Josef Eschgfaeller 12. November 2015 um 17:39 An: unilex > Se uno ... afferma di non sapere che cosa e' > un curriculum eccellente forse intende dire che l'eccellenza scientifica puo' esprimersi in piu' di un modo e che e' molto difficile tener conto con regole strette di tutte queste possibilita', mentre dall'altra parte la prescrizione di un'unica strada tende a generare specialisti di quella strada che possono addirittura danneggiare altri o indirizzare male i giovani. Josef Eschgfaeller Ferrara

Scomparsa di Mauro Francaviglia

Josef Eschgfaeller 3. Oktober 2013 15:16 An: unilex@list.cineca.it Il moderatore mi ha invitato a inviare alla lista un breve ricordo di Mauro Francaviglia. In verita' non lo conoscevo di persona e ho letto con sorpresa e rammarico solo oggi la notizia della sua scomparsa sul notiziario dell'Unione Matematica Italiana. Anni fa ho avuto con lui qualche breve scambio di lettere e ho avuto l'impressione di una persona molto simpatica e disponibile, come gia' era apparso nelle allora numerose mail alla lista. Mi e' sempre dispiaciuto che a un certo punto i suoi interventi si sono sempre piu' diradati, perche' era allo stesso tempo molto competente e inserito nelle questioni amministrative, ma dall'altra parte collegiale nella visione dei rapporti tra i vari componenti dell' universita' (nonostante o forse perche' divenuto ordinario di fisica matematica a 27 anni) e razionale nelle sue proposte (tutte caratteristiche spesso mancanti nella discussione e gestione della politica universitaria). Da quanto ho letto, e' morto, sembra improvvisamente, nel giugno di quest'anno. Conoscevo gia' la sua pagina web (la prima nell'elenco), perche' tra l'altro la sua ricerca e le sue pubblicazioni riguardavano un campo cosi' affascinante come la relativita' generale e la teoria della gravitazione, dove potrebbero (ma non sempre lo fanno, come accade in Italia per molti settori interdisciplinari) incontrarsi in modo gratificante matematica e fisica. Ho raccolto gli indirizzi di alcune pagine web: www.francaviglia.it www.francaviglia.it/cv.htm en.wikipedia.org/wiki/Mauro_Francaviglia www.vaccarinews.it/index.php?_id=14613 sigrav.na.infn.it/scomparsa-di-mauro-francaviglia Ci sono foto nella prima e nella penultima. Mi dispiace veramente, perche' quando scompare una persona cosi' preziosa, ci si accorge quanto sono vane le cosi' frequenti diatribe, che talvolta sembra che non abbiano altro scopo che quello di impedire che si risolvano i problemi. Da una delle ultime mail sue che ho (del marzo 2005): "Io sto ad ascoltare - come sempre. Ma mi raccomando, non litigate sulle quisquiglie." Josef Eschgfaeller Matematica Ferrara

ASN e teoria dei numeri

[Lettera apparsa sul Notiziario dell'Unione Matematica Italiana del Giugno 2017] Sono sempre sconcertato quando vedo come viene maltrattata, quasi con disprezzo, la teoria dei numeri nelle ASN. I matematici italiani sono sempre stati, forse a ragione, orgogliosi di essere uno dei reparti piu' correttamente organizzati dell'universita' italiana (sono un po' meno organizzati per quanto riguarda i rapporti con la pubblica opinione o anche con gli altri campi scientifici), ma due campi sono veramente poco amati e ne soffrono, e sono due campi estremamente importanti, il primo perche' esprime la matematica nella sua veste piu' bella e piu' naturale, il secondo perche' e' il campo che da' piu' significato alla matematica: la teoria dei numeri e la matematica interdisciplinare. Non solo i piu' famosi matematici moderni e antichi si sono cimentati nella teoria dei numeri, non solo ancora oggi nei paesi guida nella ricerca matematica la teoria dei numeri e' estremamente stimata e considerata quasi con riverenza (chi non sogna di riuscire a dimostrare che esistono infiniti numeri primi gemelli o infiniti primi della forma q+1, dove q e' un quadrato), non solo le invenzioni astratte di Grothendieck vengono apprezzate in maniera particolare perche' hanno permesso di applicare le costruzioni della geometria algebrica al trattamento di difficili questioni aritmetiche - ma la teoria dei numeri potrebbe essere anche uno dei punti di richiamo piu' efficaci per convincere i giovani piu' bravi a studiare matematica. Mi ricordo il successo che ho avuto quando raccontavo nei corsi di orientamento per le scuole il teorema di Green-Tao sull'esistenza di progressioni aritmetiche di lunghezza finita arbitraria consistenti solo di numeri primi - qualche giorno dopo sono stato persino fermato per strada da una ragazza appassionata e alcuni di quelli che un anno dopo si sono iscritti a matematica si sono poi rivelati tra i migliori studenti che abbiamo mai avuto. Non conosco di persona nessuno degli sfortunati colleghi che ogni volta vengono cosi' brutalmente rigettati, ma ho guardato un po' i loro lavori, le riviste sulle quali sono stati pubblicati, le pagine web molto curate, interessanti, attraenti e utili anche per la divulgazione della matematica, e devo dire che non so come si possa fare meglio. Secondo me sarebbe importante ripensare la collocazione della teoria dei numeri nei settori concorsuali in modo che essa rispecchi il prestigio della disciplina nella comunita' matematica internazionale. Per quanto riguarda il lavoro nelle commissioni, l'impostazione di partenza dovrebbe essere meno punitiva. I candidati non sono tutti uguali, ogni candidato e' unico ed e' quasi sempre una persona che ha studiato ed e' in possesso di competenze notevolmente al di sopra della media. Perche' allora non mettere in evidenza cio' che ha fatto di originale o comunque prezioso? I giudizi vengono letti e talvolta possono nuocere ai candidati. Perche' non inserire formule piu' positive anche quando facendo le somme ai fini del confronto con candidati ancora migliori bisogna dare la precedenza a questi? Perche' non inserire ogni tanto un "La commissione apprezza ..."? Forse, cercando di fare cosi', talvolta si scoprirebbe che quel candidato che si voleva bocciare, magari perche' non in linea con i gruppi piu' in vista, ha effettivamente scoperto qualcosa di interessante o svolto delle attivita' utili per la comunita' matematica. Josef Eschgfaeller