Brigitte Burgmer L'illusione creativa: tutto deve essere opera dell'uomo. Senza riguardi per ci che va perduto. Tutti i prodotti umani sono artefatti e, in senso pi ampio, utensili, allo stesso modo della prima scure di pietra; anche gli apparecchi mediali, che naturalmente sono pi complessi di un tamburo nella giungla, ...ma soprattutto hanno un raggio d'azione pi ampio. In generale si pu affermare che, nella storia dell'umanit, tutti gli strumenti tecnici abbiano avuto, nei loro effetti, un costante incremento in quanto a potenza, efficienza e raggio d'azione. Gli effetti delle armi chimiche e atomiche sono globali, e anche le probabili conseguenze della manipolazione artificiale dei geni diverranno globali. Della tematica qui in discussione, l'"artificiale", mi interessa la simulazione della Realt Virtuale (VR), in particolare quella del Cyberspace. Tutte queste nozioni mi appaiono sospette. Sono convinta che questi termini vengano utilizzati con una valenza ideologica: 1) come risarcimento per il drammatico peggioramento delle condizioni reali di vita sulla Terra; 2) come promessa di fuga in una pseudo-trascendenza dopo che le possibilit di ripiego nel Cosmo si sono ridotte a zero; 3) come argomento di vendita per la tecnica mediale. Quest'ultimo argomento certo del tutto legittimo. Per l'industria dell'intrattenimento sta sorgendo un mercato interessante fra tutti coloro che traggono divertimento dai media realistici, la voglia di un realismo sempre maggiore nel divertimento in aumento. Si potrebbe supporre che con ci l'immaginazione vada lentamente atrofizzandosi. Le storie che vengono lette lasciano scaturire dalle parole fantasie estremamente individuali: rappresentazioni in immagini, rumori, odori e sentimenti, ma le stesse storie tradotte in racconti cinematografici producono in milioni di spettatori le stesse - o perlomeno assai simili - rappresentazioni. Le stesse immagini per tutti sono cibo per gli occhi, comodo e veloce: fast food. I mondi delle fiabe certo saranno presto "accessibili" ai bambini come Realt Virtuale. La possibilit di un uso significativo della tecnica mediale non viene messo in discussione. In tutti gli ambiti civili questa tecnologia rende possibile a persone di differenti continenti l'accesso via satellite a banche dati, oppure uno scambio verbale e per immagini, una cooperazione assai rapida, e nello stesso tempo tutti i tipi di realizzazione, lavorazione e scambio di materiali audiovisivi e testuali possono interagire. La diffusione dipende dall'estensione della rete e dai costi di acquisizione e di utilizzo. Tuttavia, la prodigalit teoretica con cui la Realt Virtuale viene magnificata nella sua qualit di mondo nuovo e bello, sorprendente! Peter Weibel, esperto di mass-media e artista, residente a Francoforte, vede cos la VR: "La deterritorializzazione tecnica operata dalla Realt Virtuale ha sollevato il soggetto verso una nuova categoria di res extensa, di punti spazio-temporali, propriamente verso l'infinito virtuale, dove il soggetto tecnicamente si dematerializza". Si avvicina " un tempo nel quale a nessuna funzione umana essenziale, fisica o spirituale, verr a mancare il suo corrispettivo artificiale". (Bild der Wissenschaft, 2/1991, p.33). Qui viene totalmente a mancare la terra sotto ai piedi, e si cade nel turbine dell'infinito tanto da averne le vertigini! D'altra parte in tale contesto spesso si agisce come se gli interessati si "incontrassero" nello "spazio virtuale". Cosa fanno in realt? Restano a casa, manipolano un computer e pensano, vedono, immaginano. Non c' alcuna dematerializzazione umana, a meno che non si consideri l'immaterialit dei processi spirituali in genere. Tuttavia la velocit che questi mezzi di comunicazione consentono si avvicina alla velocit del pensiero: nel giro di pochi secondi posso immaginare l'amico Peter a Parigi e la zia Emma a Montevideo, in una situazione complessa. Questi "cybernauti", con i loro elmi-monitor e i loro guanti e abiti sensoriali, fanno molto pensare a cavalieri pesantemente equipaggiati, a palombari e ad astronauti. Nel confronto ci fanno una figura un po' ridicola, perch quelli andavano sui campi di battaglia, s'immergevano nelle profondit del mare o esploravano la Luna, mentre il cybernauta se ne sta equipaggiato di tutto punto in una stanza. Qui, dunque, che cosa si mette in viaggio, e in quale direzione? I cordoni ombelicali del palombaro nell'oceano e dell'astronauta tra le stelle sono d'importanza vitale quando lasciano la stazione di rifornimento. Il cordone ombelicale del cybernauta permette soltanto il "viaggio nella realt virtuale". A parteciparvi sono da un lato la percezione dell'uomo, la sua percezione sensoriale e l'attivit motoria, e dall'altro un computer che trasmette a entrambi i monitor del casco oggetti e spazi tridimensionali, analizza i movimenti, e cos via. Diversamente da quanto accade osservando gli schermi cinematografici bidimensionali, in cui non possibile entrare realmente, dentro questi spazi in realt virtuale si pu "agire", appunto tramite un rappresentante. In questo spazio prodotto artificialmente la mano generata dal computer esegue, o, pi precisamente, imita, ci che fa la mano reale, interagisce con oggetti digitalizzati, manipola macchine... E' soprattutto la dimensione temporale nell'azione che rende immaginabile la tridimensionalit rappresentata, poich parallelamente al proprio movimento nello spazio e nel tempo vengono continuamente prodotti di fronte agli occhi movimenti di oggetti in prospettive mutevoli. Lo spazio della Realt Virtuale non viene veramente vissuto coi sensi, perch nell'immaginazione che esso ha luogo. Esso immaginario. Non pu assolutamente esistere nello spazio vitale occupato dai nostri corpi, perch non ne soddisfa le necessarie condizioni. Nel gioco con la Realt Virtuale si ottiene solo a malapena la sensazione di essere attivi in prima persona in questo spazio. Inoltre la percezione corporea dell'elmo-monitor e dei guanti sensoriali semplicemente non viene presa in considerazione. La parola "dataglove" una lusinghiera astrazione della conditio sine qua non materiale! Se prescindiamo in primo luogo dal fatto che tutti gli oggetti sui monitor sono rappresentazioni artificiali, allora la denominazione "reality" diviene problematica, poich solo ad opera del cervello che ci che noi vediamo stereoscopicamente sui monitor si costituisce in un'immagine complessiva. Queste immagini percettive sono un analogon dello spazio immaginato e occupato da oggetti. Non sono questi oggetti ad essere simulati (sono rappresentazioni) ma il cybernauta che si comporta come se agisse nello spazio simulato. I suoi movimenti si trasformano in segnali per il calcolatore che li traduce in ordini per il rappresentante. I movimenti degli oggetti simulati, soprattutto i loro rapporti di causa-effetto, sono strettamente legati all'uomo, e questi si mette in relazione con la sua capacit immaginativa con oggetti inventati; solo le RAPPRESENTAZIONI permettono di immaginare uno spazio d'azione tridimensionale. Dato che noi normalmente conosciamo spazi d'azione solo nella realt, ovvio che nella discussione in corso il concetto di "Reality" ritenuto adeguato. Sarebbe un po' come dire che le mele in una natura morta trompe-l'oeil sono reali, mentre "realistiche" che, invece, le si deve definire, perch di una forma di rappresentazione che stiamo parlando. Non possiamo n afferrare (urteremmo contro la tela) n mangiare la mela dipinta. Con i guanti sensoriali possiamo cogliere (o lasciar cogliere!) la mela rappresentata nella sua essenza, ma ancora non possiamo mangiarla. E' chiaro che l'aggettivo "virtuale" deve correggere questa assurdit di intendere che questa realt non sia una vera realt. Questa una contraddizione in s, o, pi semplicemente, un nonsenso. Ora, se nel computer venisse inserito materiale cinematografico, lo stato delle cose potrebbe essere diverso. Le immagini cinematografiche del reale sono in effetti immagini di un genere diverso da quello generato dal computer, sono il risultato di una realt (necessariamente progettata o anche manipolata). Le capacit immaginative si richiamano dunque a questa analogia col concetto: "Queste immagini sono un frammento di realt, passata o esistente simultaneamente". Tuttavia anche queste immagini sono rappresentazioni, rappresentazioni di realt. E' come quando si guarda la televisione: se ci limitiamo ad una pura osservazione, nel salotto non vediamo altro che una cassetta quadrangolare che emette bagliori; solo per mezzo dell'immaginazione che durante lo svolgersi del film siamo in un altro luogo. Nei film, al cinema o in televisione, il tempo narrato viene attualizzato dagli spettatori in diversi luoghi della Terra e in tempi diversi. Essi s'immergono nella struttura cinematografica spazio-temporale, che non ha bisogno di essere cronologica, mentre l'esperienza fisica e lineare del tempo di durata della proiezione resta tagliata fuori. La locuzione alla moda "Virtual Reality" rimanda a una nuova modalit di rappresentazione, che possiede, grazie alla possibilit di "immersione", un grado di realismo pi elevato di quello ottenuto dai media precedenti. Cosa implica questa nuova modalit della VR con il connubio di azione e immaginazione? La situazione complessa e confusa, perch la percezione interiore del corpo - "Io sento, come la mia mano afferra" - viene combinata con l'immagine mentale di rappresentazioni tridimensionali di oggetti e di spazi. Questo accoppiamento nuovo e inusuale: per questo quelli equipaggiati di casco e guanti procedono a tentoni in modo goffo e ridicolo. (Prima che dai cybernauti venga raggiunta l'eleganza di uno schermidore sicuramente ci vorr del tempo. Anche se l'equipaggiamento sar ridotto al minimo, la coordinazione del proprio movimento e di quello rappresentato dovr essere esercitata.) Significativo che gli effetti che con gran facilit vengono ottenuti sugli oggetti in VR restino senza conseguenze per la realt di vita del cybernauta. Anche quando questi re-agisce alle azioni degli oggetti rappresentati, il tutto resta al "come se". Noi possiamo "toccare" gli oggetti, ma essi non toccano noi. La produzione di sensazioni tattili e di pressione resta sul piano della rappresentazione; se invece si potesse afferrare davvero l'oggetto, allora si proverebbe questa o quella sensazione... Ma, appunto, l'assenza materiale di conseguenze offre, secondo la profezia di uno dei protagonisti della VR, un'occasione per la risoluzione di conflitti: "Se semplicemente si potesse vivere fino in fondo il proprio tormento edipico o di altro genere, rimarrebbe senza conseguenze nel mondo reale,: l'uccisione del padre e la violenza sulla madre potrebbero diventare ancora pi popolari, e ciononostante suscitare meno pettegolezzi presso i vicini". L'appena citato Morgan Russel ha pronta una ricetta anche per la psicanalisi e la terapia analitica: "Una nevrosi da transfert potrebbe essere trattata sostanzialmente in modo pi veloce, se il terapeuta assumesse effettivamente, per esempio, la forma dei nostri genitori." (Bild der Wissenschaft, 2/1991, p.32) Non possiamo che alzare le mani sulla testa e applaudire a come qui vengono intesi funzione e senso della fantasia! Un uso di tutt'altro genere si ha quando la sequenza causa-effetto viene ricondotta agli eventi reali. Se infatti l'azione (rappresentata) "sparare" diviene causa scatenante di uno sparare reale, allora l'intero apparecchio non altro che un braccio prolungato, cio un'arma. In ci risiede un grande interesse da parte dell'industria e della politica: condurre una guerra non in carne e ossa, ma in modo mediato. Oltre a questo impiego possibile operare in spazi reali, non direttamente accessibili o divenuti inaccessibili per l'azione umana, per mezzo di una tecnologia combinata robot-computer. La generazione di un mondo, anzi, di mondi (!) del tutto artificiali, trae origine da un nuovo mito della creazione. I mondi artificiali sono totalmente controllabili. La possibilit d'azione accresce il sentimento di potenza. Non vi spira alcun soffio d'aria..., nessuna luce appare senza la volont del programmatore. Questi mondi non hanno bisogno di vita, di un vero e proprio pericolo... Visto cos, lo spirito umano che crea gli apparecchi mediali, i computer e i programmi, viene ben riassunto dal termine "soft ware" . Colonia, 10 ottobre 1993