[Da MultiMedia] ------------------------------------------------ Luned, 2 agosto 1993 8:59:05 UNA CARTELLA DI BUONA FATTURA La formazione dei formatori nella Lotta contro lAids. di Maria Grazia Terzi Dalla fine del 1989 la Commissione Nazionale Aids ha riconosciuto l'opportunit di istituire il Piano nazionale di formazione per operatori socio-sanitari per la lotta alle infezioni da Hiv (Pfh) per soddisfare i bisogni formativi del personale sanitario coinvolto nella gestione del problema Aids in Italia, stabilendo che l'organo competente a gestire le attivit di formazione e a garantirne l'uniformit di metodi e contenuti fosse l'Istituto superiore di sanit. Quest'ultimo, dal marzo del 1990, ha creato presso di s il Nucleo Operativo del Pfh. ormai risaputo che al fine di contenere il numero di nuovi casi di infezione (primo obiettivo generale del Pfh) l'operatore, sanitario o no che sia, non ottiene risultati apprezzabili se si limita alla sola trasmissione di informazioni di carattere sanitario al paziente. In un depliant illustrativo delle attivit nell'ambito del Pfh, fornito a tutti i partecipanti ai corsi, si sottolineano due ragioni in base alle quali si ritiene di dover formare il personale. La prima che il messaggio preventivo dev'essere veicolato in maniera convincente da un operatore cui il soggetto a rischio o infetto si rivolge volontariamente, incoraggiato dalla certezza dell'anonimato e dalla disponibilit di un ambiente appropriato. interessante notare che a questo proposito lo stesso De Lorenzo, exministro della sanit, ha cercato di minare alla base queste attivit proponendo di introdurre il test di screening obbligatorio per numerose categorie di persone (con una spesa prevedibile che da sola avrebbe superato lo stanziamento triennale di fondi per la lotta all'Aids). Ma sulluso dei fondi per la lotta allAids si stanno ormai alzando un numero pi che abbondante di coperchi. La seconda ragione si basa sulla considerazione che perch l'opera di prevenzione svolta sia efficace l'operatore sanitario deve possedere un bagaglio conoscitivo, pratico ed attitudinale sulla materia che non sempre ha ricevuto dal corso di studi scolastici. A questo proposito ci si potrebbe domandare se a fianco o comunque nella stessa sede locale dell'operatore sanitario non lavori gi altro personale (sociologi, psicologi, assistenti sociali, educatori, psicopedagogisti) che possiede parte di questo bagaglio avendolo acquisito nel corso del proprio iter scolastico e che potrebbe quotidianamente trasmetterglielo. Cos potrebbe essere almeno nelle quipe multidisciplinari delle Tossicodipendenze. Ma forse problemi di ordine gerarchico continuerebbero ad ostacolare questa autoformazione, occupando i medici sempre posizioni apicali. Se cos fosse allora non sarebbe opportuno nell'ordine: 1. Riconoscere che l'emergenza Aids ripropone con forza la necessit di integrare le conoscenze e le azioni, richiede di aggiornare continuamente lo stato delle conoscenze, impone il coinvolgimento attivo e propositivo dei soggetti a rischio o infetti; 2. Formare gli operatori al lavoro di quipe cos da saper riconoscere e imparare a sfruttare le risorse pi vicine; 3. Promuovere l'uso di tecnologie che consentano il dialogo a distanza tra le parti in causa? E ancora, non sar necessario prevedere contestualmente anche una modifica del curriculum dell'operatore sanitario, cos che la formazione al saper fare tra qualche anno non si trovi ancora a partire dal livello zero? Due altri obiettivi sono perseguiti dal Pfh: incrementare la capacit del personale sanitario di prender parte attivamente alla programmazione, gestione e valutazione di iniziative di tipo preventivo, curativo ed educativo intraprese allo scopo di controllare l'epidemia di AIds; illustrare agli operatori sanitari le tecniche didattiche necessarie per svolgere con successo attivit formative nei confronti dei colleghi e dei pazienti. Per fare ci la stategia adottata struttura il Pfh secondo un modello a cascata, secondo il quale un campione di operatori di ciascuna categoria riceva la formazione centralmente, acquisisca conoscenze specifiche sull'Hiv e sulla metodologia didattica utile a trasmettere queste conoscenze, torni nella propria realt operativa e si faccia promotore di attivit formative sull'Hiv rivolte ai colleghi e collaboratori. Questo comporta che coloro che sono compresi nel campione da avviare alla formazione di formatori si rechino da tutt'Italia fuori sede di lavoro (a Roma) per seguire il corso. Il corso residenziale (quattro giorni consecutivi, con rimborso totale delle spese sostenute dai partecipanti) e prevede: a) lezioni da parte di esperti del settore; b) lavori di gruppo; c) studio e discussione di casi emblematici; d) esercizi e simulazioni (role play) pertinenti gli obiettivi educativi; e) valutazione dell'apprendimento (pre- e post-test); f) valutazione della qualit didattica (questionario che i discenti compilano a fine corso). Svolgendo per il Pfh attivit di docente in due occasioni, ho avuto modo di notare che i partecipanti sono molto disomogenei tra loro per provenienza e quindi per contesti di lavoro, per livello di conoscenze (manca cio una definizione condivisa dell'oggetto di studio). Se la differenza in genere auspicata in quanto fonte di ricchezza nella fase di sensibilizzazione al problema, ritengo di poter dire che in un corso di formazione per formatori bisognerebbe che i partecipanti arrivassero con un livello minimo di precogniti almeno relativamente omogenei, sia sul piano delle conoscenze sia persino sul piano linguistico. Sarebbe infatti importante ottimizzare la permanenza romana al fine di imparare come migliorare il lavoro in sede, evitando che questa settimana si limiti ad essere una sorta di premio e di esperienza umanamente gratificante per chi lavorando in condizioni carenti subisce la frustrazione di produrre un lavoro inadeguato. Potremmo aggiungere che forse le tecnologie multimediali potrebbero aiutare a risolvere un problema di decentramento di certe fasi della formazione; ma facciamo un passo per volta. Dagli obiettivi alle metodologie: la scelta dichiarata di servirsi di sistemi di apprendimento interattivo, e qui davvero si potrebbe pensare all'applicazione, chiss, del multimediale: programmi di software con cui dialogare, giochi di simulazione per il problem solving; invece no, niente di tutto questo. L'interazione auspicata invece quella tra docente e discenti, nella cornice della breve relazione presentata col supporto della lavagna luminosa. Lavagna luminosa che la maggior parte di noi docenti utilizza impropriamente, limitandosi cio a proiettare fotocopie di testi illeggibili o ad usare l'acetato al posto dell'ardesia e gli appositi pennarelli al posto del gessetto. Cos fanno sul nostro esempio i facilitatori dei lavori di gruppo quando riferiscono i loro risultati, presentando i loro appunti non leggendoli bens mostrandoli scritti grande innovazione su lucido. A onor del vero, due occasioni nel primo semestre di quest'anno non consentono un giudizio esteso a tutta l'attivit del Pfh dal '90 ad oggi. Ma in quelle due giornate, pur apprezzando la scelta dei contenuti, la capacit dei docenti, il coraggio di comprendere tra i docenti anche leader di gruppi di autoaiuto e tra le discipline anche le cosiddette terapie alternative, la presenza in aula di un televisore con videoregistratore, mi ritrovo a dire che nulla di ci che pertiene al metodo si discostato dalla tradizionale conferenza se si eccettuano un'esperienza di tecniche corporee effettuata in un luogo poco adeguato e il fatto di essere stata (come gli altri relatori) invitata a lasciare un messaggio sintetizzando in 4 minuti l'oggetto della mia relazione su videocassetta, per la diffusione dei contenuti del corso nelle sedi locali. Infine, ai partecipanti viene consegnato un pacchetto didattico, in genere una borsa-cartella resistente e di buona fattura contenente materiale cartaceo relativo alle lezioni o ai documenti che i docenti hanno ritenuto bene distribuire, affinch essi possano ripetere ( il termine usato dal depliant sulle attivit Pfh) il corso di formazione. Viene da chiedersi se basti questo per fare formazione. I soldi che vengono stanziati per coprire tutte le spese di partecipazione dei discenti, dei docenti e dei facilitatori, non potrebbero essere meglio utilizzati affidando a tecnici della comunicazione multimediale il compito di costruire validi ausilii sia alla formazione sia alla comunicazione, per di pi facilmente aggiornabili? Ma dimenticavo: nonostante tutti i fondi promessi e talvolta stanziati per la costruzione di una rete informatizzata nei servizi sociosanitari, in poche sedi territoriali sarebbe possibile utilizzarli. ------------------------------------------------ Maria Grazia Terzi, medico, opera presso un Servizio Tossicodipendenze torinese. tra le fondatrici del Dai (Donne Aids Informazione, associazione che promuove e realizza forme di prevenzione e informazione in cui i destinatari sono soggetti attivi). Dal n. 15 (1993) della rivista MultiMedia, consultabile su MultiMedia Online (011/501752)