Lunedì, 17 gennaio 1994 14:16:54

Editoria multimediale

    di Enrico Pasini [?]

Mi occupo specificamente del mondo home video, ma naturalmente il mio intervento toccherà tutto il mondo della Walt Disney Company, di cui l’home video è un settore trainante, in quanto parte del film d’entertainment che costituisce il punto di partenza di tutto il ciclo di produzione di prodotto. La Walt Disney Company è una società leader nel mondo dell’entertainment in senso lato e, come saprete, il fatto di rendere il tempo libero piacevole ed educativo è un obiettivo perseguito dall’azienda attraverso una strategia di prodotto unica. Unica proprio nel senso di «unicum», cioè un’idea creativa sola che viene declinata su tutti i media possibili disponibili. Questo ha caratterizzato già nel tempo la Walt Disney Company come azienda multimediale per definizione e il prodotto Disney — di cui spesso si parla — avvia tutto il proprio ciclo creativo dal mondo della produzione cinematografica. Non solo cartoon, ma anche tutto il mondo della fiction: le grandi produzioni a cartoni animati sono quelle che alimentano anche l’immagine dell’azienda stessa. Però voi sapete, e ne abbiamo un esempio in questi giorni con La bella e la bestia, che la produzione cinematografica da solo il «la» alla produzione di tutta una serie di prodotti declinati: si passa dal libro alla videocassette, da un disco a un periodico, dalla televisione addirittura a una maglietta e per finire, come estrema sintesi — e questa è una unicità dell’azienda a cui appartengo — a un tema di divertimento all’interno di un parco. L’integrazione, la tempestività con cui tutte queste tipologie di prodotto vengono immesse nel mercato è quella che poi crea nella mente del consumatore, come immagine aziendale generale, quel mondo magico, questo alone fantastico di suoni, personaggi, tutto ciò che rende particolare lo stile Disney. Voglio citare un caso noto a tutti anche in Italia: il tema La bella e la bestia che è un esempio tra i più felici di questo ciclo di prodotto che sarà seguito da Aladdin, cioè dal film a tema della prossima stagione. La bella e la bestia ha raggiunto in America l’incredibile cifra di quasi 25 milioni di videocassette vendute, e questo, in un mercato come quello americano, significa aver venduto più del miglior libro, del miglior disco e del giocattolo più richiesto messi insieme. Ciò dimostra la potenzialità di questo mezzo, tra i tanti. All’interno di questo meccanismo quasi perfetto, Disney ovviamente ha guardato e guarda con grande interesse alle disponibilità di tecnologia e di nuovi mezzi. Questo perché, come è stato già detto, il profilo del consumatore è in continua evoluzione, e naturalmente — questo è un punto importante — il tempo libero delle persone cambia: il tempo da occupare leggendo un libro, guardando una videocassetta, andando al cinema o ascoltando musica, in valore assoluto, cresce, ma soprattutto i media sono cresciuti drammaticamente, le possibilità di divertimento sono cresciute. E poi c’è da considerare l’emergente desiderio d’interazione, di conoscenza della tecnologia — questo l’abbiamo verificato anche noi con ricerche — in concreto, la voglia delle persone di interagire con i mezzi a loro disposizione di non essere passivi, ma d’intervenire nella storia, in un film, in un racconto: il desiderio, cioè, di personalizzare il proprio intervento.
Questo ha portato la Disney — sempre però nel rispetto della produzione cinematografica — a porsi nuovi obiettivi strategici, quindi a valutare meglio le potenzialità offerte dalla tecnologia multimediale interattiva. In questo senso, un’attività legata alla distribuzione di software nel mondo del tempo libero, per la didattica — sempre prendendo spunto dai grandi bestseller Disney — è già stata avviata, così come è stata avviata una distribuzione di videogame (grazie anche a un’attenta politica di licensing). Quindi su questi due filoni Disney si è già mossa. Ovviamente, Cd interattivo e televisione interattiva, di cui si parlava poc’anzi, sono prodotti che Disney vuole sviluppare e — questo va detto — la cui disponibilità seguirà ovviamente un’analisi tecnologica, che è già stata fatta, la sperimentazione negli Studi Disney ha confermato la possibilità di lavorare su questi mezzi.
Qui però interviene il terzo punto, quello che mi è molto vicino nell’attività di tutti i giorni. Il tema fondamentale è quello più commerciale, distributivo e di comunicazione; è un mondo a me più vicino, anche perché mi sono occupato come marketing del prodotto videocassetta e quindi della sua divulgazione, della sua commercializzazione al grande pubblico. Walt Disney Company ha un grande merito e un grande vantaggio oggi: la sua rete distributiva. La società di cui faccio parte è forte proprio da un punto di vista distributivo, il prodotto è un prodotto americano per definizione. La nostra forza, i successi dell’azienda Walt Disney Home Video, derivano proprio dalla sua capillarità distributiva. Disney ha ormai quasi centomila punti vendita: si passa dall’autogrill all’edicola, dalla cartoleria al supermercato, ai negozi di dischi o di hi fi. Vi cito un caso che mi è familiare: il mondo home video fino a pochi anni fa in Italia, era un mondo di settore confinato alla videoteca, con 3-4.000 negozi. Oggi si sta aprendo e cresce prepotentemente il peso della grande distribuzione, dei negozi strategici, degli ipermercati, dei centri commerciali, dove cambia, quindi, il rapporto tra consumatore e negoziante. Ma ci sono ancora tantissime barriere — meno sull’home video e più su altri mezzi — che si frappongono alla divulgazione di questi prodotti: poca trasparenza dell’hardware, poca conoscenza commerciale da parte dei negozianti del potenziale di questi prodotti, mancanza di comprensione proprio del fenomeno — e il video anche in questo caso insegna, presso i grandi utenti della GD e della DO. La tecnologia, anche se sempre di più nel tempo è destinata a diventare trasparente, ha ancora oggi, rispetto al consumatore, poco rispetto, se mi consentite di esagerare, proponendo sigle, termini inglesi, non di facilissimo accesso. Il videoregistratore — strumento che è diventato quasi d’obbligo in famiglia assieme alla televisione — è uno strumento di ricerca oggi assolutamente sottoutilizzato. Molti lo comprano per status, a parte gli eletti che lo usano e lo sfruttano, molti lo usano come complemento per la registrazione televisiva di alcuni programmi, ma vi assicuro che il rapporto tra l’uso nella registrazione di certi programmi e l’acquisto di videocassette è di 1 a 10. Fa ancora soggezione la programmazione, incute un certo timore; è un gadget spesso che si usa perché si deve avere, però che si usa in modo molto marginale.
La multimedialità ha uno spazio certamente interessante, come fonte di business, e terrà molto in considerazione queste dinamiche sia di comunicazione e di trasparenza al consumatore sia di facilità di accesso delle aziende verso il consumatore stesso, creando dei punti di contatto, di dimostrazione e di «volgarizzazione», se mi consentite.
Vorrei sottolineare una cosa in chiusura di questo intervento: il nostro periodo ha punti di contatto incredibili con quanto, nel decennio passato, è avvenuto con la videoregistrazione. Quando la tecnologia ha consentito un’ampia diffusione del videoregistratore all’interno delle famiglie, ha, evidentemente, favorito il diffondersi della cultura dei grandi produttori cinematografici all’interno delle mura domestiche. Tutto ciò ha significato, in termini pratici, che il fatturato del mondo video, in un decennio, dall’82 al ’92, è arrivato a 38.000 miliardi di lire.
Mi piace ricordare un dettaglio italiano: il nostro paese, che sia o non sia la quinta potenza, la sesta o la settima del mondo aveva, fino a quattro anni fa, uno dei livelli più bassi nel mondo di penetrazione di videoregistratori sul totale delle famiglie. Ci trovavamo ad avere, di fatto, un mercato della videocassetta elitario, destinato a pochi, anche per problemi di prezzo, e un mercato essenzialmente di noleggio, quindi molto circoscritto. Il fenomeno della vendita è nato, si è sviluppato, è cresciuto praticamente dal 1987 a oggi: in questi quattro o cinque anni si è assistito a una crescita assolutamente eccezionale. Siamo stati il primo paese come tasso di sviluppo al mondo, così come eravamo uno degli ultimi in partenza. Però lo spazio di maturazione sull’uso è ancora enorme e, per ovvie ragioni, noi siamo una società che più di altre spinge questo fenomeno. Vi assicuro che è ancora un fenomeno destinato a una grossissima crescita. Grossissima crescita determinata, tra l’altro, anche dal fattore, a cui ho accennato prima, di tempo libero e di disponibilità: l’offerta televisiva certamente penalizza il mondo del video e, probabilmente, l’offerta di video penalizza il mondo dell’editoria, è una catena.
Noi, come Walt Disney Company certamente vediamo il fenomeno della multimedialità, inteso come declinazione di un’idea su molti media, come un fenomeno analogo — con tutte le differenze del caso naturalmente — alla videocassetta negli anni ’80, che oggi è diventata, anche come hardware, una cosa che sembra insostituibile: lo dimostra il laserdisc che non decolla. Però naturalmente col limite distributivo, di comunicazione e quindi di informazione ai grandi utenti. Certamente Disney su questo vorrà essere protagonista con, forse, un occhio di riguardo e, nello stesso tempo, approfondendo una analisi un po’ più critica delle potenzialità. È quello che contraddistingue la nostra azienda.

La Leader, di cui io sono il presidente, è un’azienda che da dieci anni tratta prodotti multimediali, prodotti che, ai tempi in cui nessuno sapeva che cosa significasse multimediale, noi comunemente chiamavamo videogiochi. Già sulla parola «multimediale» ci sono pareri discordanti: per esempio qualcuno dice che è una nuova tecnologia che cambierà il nostro modo di fare le spese, di giocare e d’imparare. O c’è chi dice che la parola «multimediale» è diventata come «intelligenza artificiale», talmente usata che ha perso ogni significato. È il parere di Steve Jobs della Next Computer, fondatore della Apple. Comunque per multimedia normalmente si intende l’utilizzo interattivo di almeno due dei seguenti componenti: il suono, l’immagine e l’animazione. Per me la parola chiave della definizione di multimedia è «interattivo», e per interattività intendiamo la comunicazione con computer. Quando qualche anno fa parlavo d’interattività, i miei amici mi guardavano in modo un po’ strano, e io cercavo di spiegare che in realtà la comunicazione e l’interattività con il computer sono paragonabili a una conversazione tra due persone: quando io parlo con una persona, l’altro ascolta, pensa e poi risponde, io ascolto la sua risposta, penso, elaboro e poi rispondo. Questo interscambio tra persone crea la comunicazione, e l’interattività con i computer è essenzialmente la stessa cosa. Per molti bambini la prima esperienza d’interattività avviene attraverso i videogiochi. I videogiochi sono multimediali, sono interattivi e creano una sorta di realtà virtuale, ed è la componente dell’interattività che rappresenta il valore aggiunto principale rispetto ad altri media. 
Non è la grafica che fa acquistare un videogioco; non è la musica, perché la musica si trova su un Cd audio e molto migliore; non è l’animazione, ci sono le bellissime videocassette della Disney che sono migliori: è l’interattività a far sì che i videogiochi siano particolari. I primi videogiochi sono comparsi circa vent’anni fa ed erano molto rudimentali, in bianco e nero, bidimensionali e con un’interattività limitatissima. Qualcuno probabilmente si ricorderà per esempio il famoso «Pong», il gioco di ping pong, dove addirittura la pallina era quadrata, non era nemmeno rotonda. Lo sviluppo, di anno in anno, ha avuto dei progressi sorprendenti: basta guardare i prodotti di soli tre anni fa per rendersi conto della differenza. I cambiamenti del videogioco nel livello di interattività creano un cambiamento di aspettative: i bambini di oggi non sono più disposti ad accettare il ruolo di consumatori passivi di informazione. Il problema per noi genitori e professori è che siamo analfabeti in materia di videogiochi, e quindi di interattività. L’interattività nello svolgimento del videogioco presuppone la sequenza: osservazione (ad esempio: c’è un buco); domanda (cosa faccio per superare il buco?); ipotesi (prova di verifica, che può andare bene o andare male). È la stessa sequenza che, guarda caso, è alla base del metodo scientifico, che spesso si fa molta fatica a insegnare nelle scuole — eppure i bambini lo scoprono da soli. Altri componenti positivi del gioco sono la concentrazione, la collaborazione, l’autostima e, perché no, la felicità. Sarebbe bello che queste componenti potessero essere osservate anche nell’apprendimento di materie non solo ludiche. 
Adesso vorrei passare a un altro argomento, che è l’importanza del Cd. Il supporto Cd offre prestazioni notevoli, quali suono stereo digitale, animazioni con la qualità del Super Vhs e immagini fotorealistiche. L’immagine fotorealistica ha un’importanza fondamentale, per due motivi: il primo è che permette una rappresentazione reale e non solo simbolica. La qualità fotorealistica delle immagini aprirà il mercato a tutte le fasce d’età. Infatti, se pensiamo alla casa tipica, oggi le consolle Nintendo e Sega si trovano nelle camere da letto dei bambini, mentre i computer con Cd Rom nello studio del papà, e guai a chi lo tocca. Ma il vero campo di battaglia nei prossimi dieci anni si sposterà in soggiorno, dove il Cd soddisferà le esigenze di tutta la famiglia diventando, così, un vero prodotto di consumo di massa.
Il secondo motivo dell’importanza dell’immagine fotorealistica è che si tratta di un’immagine a cui siamo abituati, e perciò, oltre alle informazioni, ci può anche trasmettere emozioni come sorpresa, minaccia, grinta, disperazione oppure amore. Queste cose non sono possibili con le immagini simboliche.
Per concludere, per passare dall’editoria all’editoria elettronica non è sufficiente scaricare un prodotto già esistente su Cd (vedi l’esempio dell’enciclopedia o dell’atlante). I prodotti multimediali su Cd dovranno essere competitivi, per conquistare la loro fetta di mercato, perciò gli editori dovranno utilizzare dei creativi in grado di progettare prodotti che sfruttino davvero la potenzialità offerta dai Cd. Questi prodotti dovranno per forza catturare l’attenzione dei consumatori, e soprattutto dovranno essere all’altezza delle loro aspettative. Per non tradire le aspettative dei consumatori gli editori dovranno allora cercare di utilizzare l’esperienza fatta in venti anni di sviluppo dei prodotti interattivi, cioè appunto i videogiochi.